In occasione della Giornata mondiale la Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica ha lanciato il progetto “1 su 30 e non lo sai”, ideato con l’obiettivo di favorire lo screening su persone sane che potrebbero trasmettere il gene mutato ai figli
Una persona su 30 è portatrice sana di fibrosi cistica e, spesso, non lo sa. Eppure, pur non presentando alcun sintomo della malattia, può trasmettere le mutazioni, e dunque la patologia, ai propri figli. Per questo, la Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica, in occasione della Giornata Mondiale dedicata alla malattia genetica rara più diffusa in Europa, che si celebra l’8 settembre di ogni anno, ha lanciato una campagna di sensibilizzazione. Il progetto, non a caso intitolato “1 su 30 e non lo sai”, è stato ideato con l’obiettivo di favorire lo screening su persone sane che potrebbero trasmettere il gene mutato ai figli.
Il Servizio Sanitario Nazionale offre il test per identificare i portatori, ma è rivolto solo a soggetti considerati ad alto rischio di poter mettere alla luce un bambino affetto. «Purtroppo, però, com’è accaduto a noi, – spiega il presidente della Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica, Matteo Marzotto – la diagnosi di un figlio con fibrosi cistica colpisce i neogenitori, quasi sempre ignari di essere portatori sani». Per colmare il vuoto formativo la Fondazione lavora da anni, ora anche con il sito testfibrosicistica.it, per favorire una scelta genitoriale consapevole.
A maggio 2023 è iniziata anche una campagna di informazione sui social media (Facebook e Instagram e da settembre anche LinkedIn), con contenuti settimanali sponsorizzati per la popolazione target. I primi mesi di attività social hanno visto già ottimi riscontri. Inoltre, a partire dall’8 settembre sono consultabili online su fibrosicisticaricerca.it i 16 progetti scientifici che Ffc Ricerca sosterrà nel 2023 con un investimento pari a 2.111.201 di euro.
Uno studio condotto in Italia suggerisce l’esistenza di un’associazione tra lo screening sulla popolazione per individuare i portatori di fibrosi cistica, indipendentemente dal grado di familiarità, e la diminuzione dell’incidenza della patologia. «Da un punto di vista economico – commenta Lucrezia Ferrario coordinatore Hd Lab – Healthcare Datascience dell’Università Cattaneo – emerge che, a sei anni dall’introduzione dello screening del portatore per adattare la struttura a un maggiore volume di prestazioni, è possibile ottenere un ritorno di investimento». Un’ipotesi che vede favorevole il sottosegretario alla salute Marcello Gemmato. «È importante – dice – immaginare un’azione di screening di massa dei cittadini in età fertile per evidenziare, in maniera predittiva, la patologia e far seguire il giusto percorso di cura e di approccio. Questo può servire a ridurre la spesa del Servizio sanitario e soprattutto – conclude – a far star meglio i cittadini affetti da questa malattia».
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