Fondata in Olanda dalla Confederazione Internazionale delle Ostetriche nel 1987, la Giornata internazionale delle Ostetriche che si è celebrata lo scorso 5 maggio è diventata un appuntamento fisso da 27 anni. Dal 1991, oltre 50 nazioni in tutto il mondo, Italia compresa, celebrano l’occasione per ricordare e sottolineare l’importanza del ruolo dell’ostetrica.
«Una figura che non si limita a seguire la donna durante il parto, fino alla nascita del bambino, ma che pensa alla salute femminile anche prima e dopo il lieto evento». A sottolinearlo è Maria Vicario, presidente della Federazione Nazionale degli Ordini della Professione Ostetrica (Fnopo).
«Quest’anno – ha continuato la presidente Vicario – la Giornata è stata dedicata alla qualità delle cure. La nascita è un evento fisiologico, ma il suo essere naturale, purtroppo, non esclude la possibilità di complicanze. Si tratta di eventi avversi che possono essere gestiti e affrontati solo attraverso una valutazione serena della salute della donna. E questo significa, appunto, offrire cure di qualità».
Riflettori puntati per questa edizione 2018 anche su formazione, abilitazione e accesso al mondo del lavoro. «La formazione professionale – ha detto la presidente Fnopo – è il settore che più di tutti ha subito radicali cambiamenti negli ultimi anni. Il corso di studi, che precedentemente durava 5 anni, oggi è stato ridotto ad una laurea triennale. Comprimere le conoscenze, le competenze e le abilità in soli tre anni ha creato un evidente gap tra formazione e responsabilità».
Un divario che ha spinto la stessa Federazione a rimboccarsi le maniche: «Dal 2016 – ha spiegato Vicario – è stato formato un gruppo di lavoro incaricato di revisionare il percorso formativo in ostetricia, per trasformarlo in un corso di laurea magistrale a ciclo unico quinquennale. Due anni di studio in più che lascerebbero inalterato l’attuale profilo di competenza. Non chiediamo di allargare le nostre abilità – ha sottolineato la presidente Fnopo – ma di approfondire quelle già riconosciute alla nostra figura professionale. E questo richiede più tempo di quello attualmente messo a disposizione».
Le parole della dottoressa Vicario trovano conferma in una recente indagine condotta all’interno della commissione nazionale Corsi di Laurea: «I risultati ottenuti – ha aggiunto la presidente della Federazione nazionale – dimostrano un’effettiva carenza di tempo dedicato sia alla parte pratica, che a quella teorica. Il ministero della Salute, nell’ottobre del 2017, ci ha inviato un documento sulla gravidanza a basso rischio: questo è solo uno dei tanti argomenti che meriterebbero un approfondimento e, dunque, un numero maggiore di ore dedicate alla formazione. L’ostetrica, inoltre, è chiamata a rispondere a nuove esigenze legate al ciclo della vita. Il futuro è la demedicalizzazione di tutto il percorso che conduce alla nascita: il tasso nazionale di taglio cesareo deve passare dall’attuale 37% al 15 – non oltre i 20 punti percentuali – così come previsto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità».
Tornare alla vecchia formazione quinquennale non è l’unica proposta che arriva dalla Fnopo. Le Ostetriche chiedono un cambiamento anche nel mondo del lavoro. «Acquisita l’iscrizione all’albo professionale – ha spiegato Vicario – per riuscire ad ottenere un incarico professionale ci si scontra con una serie di criticità, legate soprattutto ai modelli organizzativi, che vedono ancora una presenza mista di infermiere e ostetriche. Al contrario, la Federazione propone un modello di gestione assistenziale, in ambito ostetrico-ginecologico, composto solo da personale specializzato in ostetricia. Una soluzione dal duplice vantaggio: tutte le ostetriche troverebbero immediatamente la loro collocazione lavorativa e si creerebbero meno conflitti sia da un punto di vista medico-legale, che per la suddivisione dei compiti e delle attività. Perché – ha concluso Maria Vicario – la gestione a totale conduzione ostetrica garantirebbe alla donna di essere assistita da una figura che nasce e si forma esclusivamente per seguire la salute al femminile».