Il punto della Società Italiana di Neurologia. «I progressi scientifici recenti – ha dichiarato il Prof. Giancarlo Di Gennaro – hanno fatto registrare numerose scoperte nel campo della genetica e delle scienze di base, con significativi passi avanti nella comprensione dei meccanismi molecolari che generano le crisi epilettiche»
In occasione della Giornata Internazionale Epilessia che si celebra oggi 10 febbraio, la Società Italiana di Neurologia (SIN) fa il punto su questa patologia neurologica che risulta essere tra le più diffuse, tanto da venir annoverata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) tra le malattie sociali.
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«L’epilessia – spiega la SIN in una nota – colpisce circa 50 milioni di persone in tutto il mondo e nei paesi industrializzati interessa 1 persona su 100: si stima, pertanto, che in Europa le persone affette siano 6 milioni e in Italia circa 500.000».
«Questa patologia – prosegue – si può manifestare in tutte le età, ma registra in particolare due picchi di incidenza: uno nei primi anni di vita, legato in misura maggiore a cause genetico-metaboliche, ma anche a rischi connessi a eventuale sofferenza perinatale, e l’altro in età più avanzata, in virtù delle maggiore incidenza, negli anziani, di malattie vascolari e neurodegenerative e anche per l’aumento dell’aspettativa di vita».
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«L’aspetto più negativo della malattia riguarda il fatto che le crisi possono manifestarsi all’improvviso, in qualsiasi momento e contesto, e possono provocare la perdita di coscienza con conseguenti cadute traumatiche e lesioni anche gravi; inoltre, se le crisi non sono ben controllate, causano forti limitazioni nella vita quotidiana dei pazienti, dalle attività lavorative alla vita affettiva e sociale, e un peso psicologico enorme da sopportare».
«I progressi scientifici degli ultimi anni – ha dichiarato il Prof. Giancarlo Di Gennaro, Direttore UO Centro per la Chirurgia dell’Epilessia IRCCS NEUROMED, Pozzilli (IS) e Coordinatore Gruppo di Studio Epilessia SIN – hanno fatto registrare numerose scoperte nel campo della genetica e delle scienze di base, con significativi passi avanti nella comprensione dei meccanismi molecolari che generano le crisi epilettiche, così come hanno portato a un ricco armamentario di farmaci antiepilettici efficaci, con meccanismi d’azione sempre più innovativi e in genere con migliore tollerabilità».
«In quel terzo dei pazienti che risultano farmacoresistenti – precisa la SIN -, inoltre, è possibile valutare, dopo un accurato studio prechirurgico multidisciplinare, la possibilità di un trattamento chirurgico finalizzato a rimuovere la regione di corteccia cerebrale responsabile delle crisi, spesso con ottime possibilità di guarigione. Infine, nei casi farmacoresistenti che non possono essere operati vi è la possibilità della cosiddetta “neuromodulazione”, ossia di un trattamento palliativo mediante l’impianto chirurgico di dispositivi (stimolazione vagale o stimolazione cerebrale profonda) che erogano stimoli elettrici diretti al cervello, in grado di ridurre il numero e la gravità delle crisi».
«Ancora c’è molto da fare per le persone con epilessia: è necessario incrementare sempre di più la ricerca scientifica e rafforzare le politiche socio sanitarie a favore dei pazienti per migliorare così l’accesso alle cure ed elevare sempre di più gli standard diagnostico-terapeutici. Bisogna però soprattutto educare ed informare le persone circa l’epilessia, sostenendo su larga scala azioni informativo/educative, in particolare nelle scuole primarie e secondarie, allo scopo di abbattere i pregiudizi e le discriminazioni sociali che ancora purtroppo caratterizzano questa patologia», conclude la Società Italia di Neurologia.
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