«La formazione dei medici è fondamentale: da quando mi sono laureato ad oggi sono cambiate tantissime cose. È necessario ridefinire un sistema di welfare per evitare costi aggiuntivi della malattia sui pazienti», così il presidente eletto Aiom a margine del convegno al Senato
Dal cancro si può guarire e la ricerca va avanti: è questo il messaggio lanciato nel corso della XIV Giornata nazionale del malato oncologico in Senato, in cui è stato presentato anche l’11esimo Rapporto della FAVO (Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia) sulla condizione assistenziale dei malati oncologici. L’occasione per trattare un bilancio sul miglioramento delle cure e dell’assistenza illustrando nuovi obiettivi, traguardi raggiunti, vicini e lontani. Abbiamo tirato le somme con il dottor Giordano Beretta, Presidente eletto AIOM e Responsabile oncologia medica dell’Humanitas Gavazzeni di Bergamo.
Dottore, cosa emerge dal Rapporto FAVO dedicato ai costi sociali ed economici della malattia oncologica?
«Nel corso di questo importante appuntamento annuale, sono emersi i costi socioeconomici dei tumori a carico del malato e delle famiglie. Il SSN consente a tutti i cittadini di accedere ai trattamenti necessari per la diagnosi e la cura dei tumori, fornendo tutta la terapia. Tuttavia, ci sono una serie di costi aggiuntivi per cui è difficile avere una copertura: spese mediche, non mediche e di natura socioassistenziale. Questo porta alcuni pazienti ad avere delle difficoltà importanti investendo ogni aspetto della vita. Discutere di questi argomenti significa cominciare a pensare a quale può essere un nuovo sistema di welfare che è tutto da definire ma che possa riuscire a superare queste criticità».
Quali sono le grandi potenzialità della medicina personalizzata e di precisione?
«Medicina di precisione significa andare a selezionare “la terapia giusta per il paziente giusto”. È una cosa che si fa da tanto tempo ma che attualmente, grazie alle nuove conoscenze di biologia molecolare consente di avere tanti elementi aggiuntivi, forse anche troppi, che ci possono aiutare. Di fatto, siamo in grado, in alcune patologie, di poter selezionare il paziente giusto per la terapia giusta. Non siamo arrivati all’ottimale ma ci stiamo avvicinando».
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Esistono ancora disuguaglianze nell’assistenza oncologica e nell’applicazione dei trattamenti terapeutici più aggiornati tra le regioni italiane? Ci sono regioni più virtuose di altre?
«Dal punto di vista dell’oncologica medica, i trattamenti sono sostanzialmente eseguibili in tutta Italia e sono effettuati allo stesso modo in tutte le parti. Ci sono sicuramente problematiche di tipo organizzativo in alcune regioni: la presenza o meno di reti oncologiche fa la differenza così come l’esecuzione degli screening oncologici possono impattare in modo importante su quella che è la sopravvivenza dei pazienti. Non avere screening organizzati significa trovare una malattia in uno stadio più avanzato e quindi avere anche meno probabilità di guarigione. Per contro, il programma di screening consente di individuare la malattia quasi ancora prima che ci sia; nel caso del tumore del colon, infatti, lo screening porta a rimuovere lesioni precancerose prima ancora che compaia il cancro. Questo è un dato importante. Per quanto riguarda le eccellenze e le regioni più o meno virtuose, è un argomento che non mi è mai piaciuto granché, perché spesso le eccellenze dipendono appunto, come dicevo, dal punto di vista organizzativo e invece vengono interpretate come eccellenze di professionisti quando non è così».
Qualche tempo fa è stato sanzionato un medico perché non era in regola con l’obbligo ECM. La vicenda è finita su Striscia la notizia. Lei pensa che sarebbe opportuno, anche per il cittadino, poter verificare la formazione del medico?
«La formazione dei medici è fondamentale: da quando mi sono laureato io ad oggi sono cambiate tantissime cose. Quindi, viene da sé che se non ci si tiene aggiornati non si riesce, in realtà, a fare le cose come si deve. Il problema riguarda la normativa su quello che è l’aggiornamento, i nostri ECM si basano sulla partecipazione ad eventi che danno punteggi ma spesso i congressi nazionali non hanno un riconoscimento ECM. Dal punto di vista formativo, è necessario tenersi costantemente aggiornati; sul meccanismo di controllo della formazione, forse l’ECM non è il sistema migliore e andrebbe rivisto».