Il boom della monogenitorialità: nel 1983 i genitori single erano meno di mezzo milione, nel 2005 600 mila. Oggi sono più che raddoppiati: 900 mila le mamme e 141 mila i papà soli
È un “lavoro”, se così lo si può definire, senza orari prestabili, né contratti, ferie o giorni di riposo. Un mestiere che nasce ogni qual volta un bambino viene alla luce. Ed è per ricordare questo difficile incarico che l’ONU ha istituito la Giornata Mondiale dei Genitori. Si celebra il primo giugno di ogni anno e mira a valorizzare l’importante compito educativo delle mamme e dei papà, come fondamento della società.
Ma cosa accade quando un compito così complesso non è diviso e condiviso tra due partner e ricade tutto sulle spalle di un genitore single? «La monogenitorialità può essere molto faticosa soprattutto se vissuta in completa solitudine – risponde Antonella Sagone, psicologa, membro del gruppo di lavoro dell’Ordine degli Psicologi del Lazio “psicologia e salute perinatale”, consulente professionale in allattamento materno (IBCLC), autrice del libro “La rivoluzione della tenerezza”-. Sono tanti i compiti da assolvere, molte le responsabilità di cui farsi carico, da quella economica all’assistenza fisica e morale. Per questo la famiglia, che sia composta da un solo genitore o da entrambi, ha sempre bisogno di un villaggio che la sostenga, dalla scuola ai parenti, fino agli amici».
Secondo i più recenti dati Istat, in Italia i genitori soli sarebbero più di un milione, il 15,8% del totale dei nuclei con figli minori. La monogenitorialità è un fenomeno in forte crescita: nel 1983 i genitori single erano meno di mezzo milione (468 mila, pari al 5,5% del totale), nel 2005 hanno raggiunto quota 600 mila fino ad arrivare ad una cifra più che doppia. Oggi le mamme sole solo 900 mila (il 52,9% con un figlio, il 38,2% ne ha due e l’8,9% tre o più) e i papà single 141 mila. Tra questi c’è chi ha perso il partner, chi ha scelto di crescere un figlio da solo fin dall’inizio, optando per una fecondazione artificiale e, nei casi in cui è possibile, per un’adozione in assenza di coniuge.
Che sia una scelta consapevole o un caso della vita, anche ad un genitore single, così come a chiunque altro nel corso della sua esistenza, può capitare di attraversare un momento di crisi. E come potrebbe mai pensare anche all’accudimento di un figlio un genitore che, in un periodo così particolare, ha difficoltà anche a prendersi cura di sé?
«Servono reti familiari, associative o di persone amiche che aiutino chi è solo», commenta la psicologa. Oggi molte risposte si trovano anche online: chat, siti web, social network in cui i genitori single di tutta Italia, o anche di altri Paesi del mondo, entrano in contatto tra loro per raccontare le proprie esperienze, chiedere consigli, cercare sostegno per affrontare i momenti bui.
Ma attenzione: la rete non potrà mai sostituire appieno i rapporti reali. «Le relazioni con persone in carne ed ossa – continua Sagone – saranno sempre necessarie. Il mondo virtuale non potrà mai prendere il posto di quello reale. Un genitore deve avere la possibilità di condividere i suoi vissuti e se necessario di chiedere aiuto alle persone che lo circondano pure per rispondere ai suoi bisogni, imparando anche a rallentare e recuperare energie».
Essere genitori single significa dover essere capaci di indossare sia gli abiti di una madre che di un padre? «Per rispondere a questa domanda dovremmo innanzitutto chiederci che cosa significa essere una mamma o essere un papà – sottolinea l’esperta -. Questi ruoli possono differenziarsi nell’immaginario collettivo a seconda della storia e della cultura di un Paese. In Italia, ad esempio, potremmo tradizionalmente associare il ruolo della madre alla cura degli aspetti emotivi e relazionali e quello del padre agli aspetti sociali. Ma, al di là di questi costrutti culturali, le varie sfaccettature e funzioni genitoriali possono declinarsi in molti modi diversi sia nelle madri che nei padri, ed è importante, persino nelle famiglie bigenitoriali, che il bambino possa trovare nel contesto sociale allargato più modelli a cui fare riferimento. Anche in questa circostanza, dunque, emerge ancora una volta l’importanza dell’apertura del nucleo familiare verso l’esterno».
Ma tra tutte le difficoltà genitoriali amplificate dall’essere “solo”, il genitore single se ne risparmia almeno una: non dovrà discutere con il coniuge per trovare un punto d’accordo sui metodi educativi e sulle scelte da affrontare lungo il percorso di crescita di un figlio.
«Spesso – spiega la dottoressa Sagone – i genitori mi chiedono consigli su cosa sia meglio fare per i propri figli. Il focus è sul comportamento proprio o dei bambini, piuttosto che sui perché, sulle emozioni e i bisogni. Ma l’importante invece è essere testimoni, presenti, capaci di intercettare i bisogni e di guidare il bambino verso la crescita, accogliendolo con amore incondizionato, accettandolo per ciò che è. In altre parole, – assicura la psicologa – il segreto non è fare, ma esserci. Presenziare alla vita dei propri figli, facendogli spazio nell’universo degli adulti e non costruendone uno su misura, adattato alle loro esigenze. I bambini – conclude – non desiderano altro che essere al nostro fianco, far parte del nostro mondo».
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