Il presidente dell’Associazione Medici Diabetologi: «Il diabete non aumenta il rischio di contrarre il Covid-19, ma quello di sviluppare complicanze, dal ricovero in terapia intensiva fino al decesso»
«Autolockdown per anziani affetti da diabete». È questo l’appello di Paolo di Bartolo, presidente dell’Associazione Medici Diabetologi (AMD) e direttore della rete clinica di diabetologia dell’Ausl Romagna, in occasione della Giornata mondiale del diabete. L’appuntamento si celebra ogni anno il 14 novembre ed è stato istituito nel 1991 dall’IDF-International Diabetes Federation e dall’Organizzazione mondiale della sanità.
Nel mondo superano i 420 milioni le persone che convivono con il diabete e 212 milioni non sanno di averlo. In Italia, secondo le ultime stime dell’Istat, sono oltre 3 milioni e 200 mila le persone che ne soffrono, circa il 5,3% della popolazione. Cittadini la cui salute è stata messa ulteriormente a rischio dalla pandemia in atto.
«Durante la prima ondata è stato accertato che le persone con diabete non hanno maggiore possibilità di contagiarsi – sottolinea di Bartolo -, ma un rischio aumentato di sviluppare complicanze da Covid-19, come il ricovero in terapia intensiva o il decesso». Ma attenzione: non tutti i diabetici sono in pericolo. «Sono i più fragili, gli anziani affetti da pluripatologie, a dover prestare la massima attenzione. Devono restare a casa ed evitare di incontrare persone, se non strettamente necessario».
Diminuire le interazioni, non rinunciando al contatto con l’esterno, soprattutto a quello con il proprio medico, è possibile grazie all’impiego dell’hi-tech, sempre più diffuso anche in ambito diagnostico e terapeutico. «Le nuove tecnologie hanno permesso un salto in avanti non immaginabile fino a pochi anni fa – assicura lo specialista – migliorando indiscutibilmente la qualità della cura e della vita dei pazienti. Centrale, durante la pandemia, il ruolo della telemedicina che ci ha permesso di tenere sotto controllo i diabetici anche durante i momenti più critici dell’emergenza».
I pazienti diabetici, soprattutto coloro che sono affetti dal diabete di tipo 1, hanno delle necessità quotidiane, come la misurazione della glicemia e la somministrazione di insulina per iniezione, due procedure oggi altamente semplificate. «Grazie all’utilizzo del microinfusore (o pompa di insulina), della dimensione di un cerotto o poco più, i pazienti possono infondersi insulina senza doversi sottoporre ogni volta ad una iniezione», spiega di Bartolo. Il microinfusore è un piccolo dispositivo portatile che, tramite un set infusionale e un ago-cannula, somministra insulina ad azione rapida 24 ore su 24.
«Esistono, poi, dei sistemi di monitoraggio costante del glucosio – aggiunge il presidente dell’AMD – che eliminano la necessità di pungersi il polpastrello per prelevare la goccia di sangue necessaria per effettuare il test tradizionale. Un procedura che i diabetici devono ripetere anche più volte al giorno, oltre le dieci se si tratta di bambini. Alcuni di questi sistemi sono addirittura in grado di allertare il paziente in caso di ipoglicemia o di prevederla con un preavviso di 20-30 minuti».
Questi due compiti, l’infusione di insulina e il monitoraggio del glucosio, fino a pochi anni fa a completo carico del paziente, oggi possono essere compiuti anche da un’unica macchina: il pancreas artificiale. «È uno strumento capace di “prendere decisioni” quasi su tutto, arrivando anche a sospendere l’infusione di insulina in caso di ipoglicemia o ad aumentarla se il valore della glicemia cresce troppo. L’unica cosa che non è in grado di fare – commenta l’esperto – è stabilire in modo automatico la quantità di insulina da infondere, compito che, per ora, resta del paziente».
Ma affinché l’hi-tech possa contribuire al miglioramento della qualità di vita di tutti i pazienti, c’è ancora tanta strada da fare. «Non possiamo di certo affermare che le nuove tecnologie abbiano invaso o colonizzato il modo della diabetologia in Italia o all’estero – dice di Bartolo, -. Ma sicuramente siamo di fronte ad una diffusione progressiva: si stima che circa il 20% dei pazienti con diabete di tipo 1 usi i microinfusori e il 35% il monitoraggio continuo della glicemia, sistema destinato a raggiungere il 100% di coloro che soffrono del diabete di tipo 1, per poi diventare un buon alleato delle cure di coloro che pur avendo il diabete di tipo 2 – conclude di Bartolo – devono somministrarsi insulina tutti i giorni».
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