Tra i fattori scatenanti: povertà, isolamento sociale, malattie fisiche debilitanti, dolore cronico, disturbi mentali come depressione e ansia
Se tutte le persone che tentano di togliersi la vita riuscissero nel loro intento il numero di suicidi sarebbe di 20 volte superiore a quello attualmente registrato. Seppur gli ultimi dati diffusi dall’Istat mostrino un quadro incoraggiante, con una riduzione del 14% nel tasso dei suicidi dal 1995 a oggi, la strada in tema di prevenzione appare, dunque, ancora molto lunga. A puntare i riflettori sul tema è Santagostino, la rete di poliambulatori specialistici del Gruppo Unipol, in occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale, che si celebra ogni anno il 10 ottobre. Se è vero che l’Italia è tra i Paesi europei con il tasso di suicidi più bassi, è altrettanto vero che molte persone vivono, anche per tutta la vita, con pensieri suicidari senza mai arrivare all’atto.
“Si tratta di un comportamento complesso e difficile da prevedere, poiché coinvolge molteplici dimensioni della vita umana – spiega Stefano Porcelli, psichiatra e coordinatore nazionale dell’area Santagostino Psiche -. Fattori sociali, economici, fisici e mentali possono interagire. Povertà, isolamento sociale, malattie fisiche debilitanti, dolore cronico, così come disturbi mentali quali depressione e ansia, possono contribuire”. In Italia, stando ai dati diffusi dal servizio di Statistica dell’Istituto superiore di sanità, basati sui numeri Istat relativi alle cause di morte dei residenti over 15 anni, sono oltre 7mila vittime di suicidio in due anni. Nel biennio 2020-2021 si sono suicidate nel nostro Paese 7.422 persone (3.645 nel 2020 e 3.777 nel 2021), uomini quasi nell’80% dei casi (78,5%).
In molte situazioni il tentativo di suicidio potrebbe essere evitato: le persone che si tolgono la vita hanno cercato aiuto nei 30 giorni precedenti il tragico gesto. “Questo suggerisce che esiste la possibilità di intercettare e rispondere a queste richieste di aiuto, una finestra di intervento cruciale per prevenire il suicidio”, prosegue lo psichiatra. Anche l’età gioca un ruolo: l’adolescenza, la prima età adulta, ma anche le fasce oltre i 65 e 85 anni sono particolarmente a rischio. A volte, il pensionamento o la perdita del partner in età avanzata possono rappresentare fattori scatenanti. “La prevenzione è in qualsiasi caso una responsabilità collettiva – sottolinea l’esperto -. Sono diversi gli interventi che è possibile mettere in campo a più livelli. A partire dal combattere lo stigma legato alle patologie mentali, affinché chi è a rischio possa chiedere aiuto senza timore di essere giudicato”, conclude Porcelli.
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