Al via la Campagna 2023 “Move Against Thrombosis” che promuove l’obiettivo dell’OMS di ridurre del 25% le morti premature causate da malattie non trasmissibili entro il 2025. Partecipa online alla sfida “60 for 60 Challenge”, dal 1°al 13 ottobre 2023. Il racconto dei pazienti
«Avevo 25 anni e, alcuni giorni dopo un intervento chirurgico, la mia gamba si gonfiò e mi fu diagnosticata una trombosi venosa profonda. Fui curato e per quasi vent’anni non ho mai avuto più alcun problema. Poi, nel 1982 fui ricoverato in ospedale per gravi difficoltà respiratorie: scoprii di avere un’embolia polmonare e una recidiva di trombosi venosa profonda. Ricevetti una trombolisi e, successivamente, iniziai un trattamento anticoagulante a lungo termine». Cesare Sanmarchi racconta la sua storia a sostegno della campagna !Move Against Thrombosis”, promossa dalla International Society on Thrombosis and Haemostasis per la Giornata Mondiale della Trombosi, che si celebra il 13 ottobre per sensibilizzare l’opinione pubblica e attirare l’attenzione a livello globale sulla necessità di agire per questa malattia potenzialmente mortale ma in buona misura prevenibile. La campagna 2023 punta all’obiettivo posto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: ridurre del 25% le morti premature dovute a malattie non trasmissibili entro il 2025.
Cesare Sanmarchi racconta soprattutto l’incontro decisivo della sua vita, quello con l’Associazione Italiana dei Pazienti Anticoagulati (A.I.P.A). «In quel periodo avevo un lavoro molto impegnativo e la necessità di essere frequentemente assente dal lavoro per controllare il mio sangue (per l’INR) era molto fastidiosa – aggiunge -. Fin dall’inizio sono stato un volontario dell’ A.I.P.A e, insieme agli altri volontari e ai medici, abbiamo trovato una soluzione per semplificare l’ottenimento della prescrizione della terapia anticoagulante per i pazienti tramite fax. Abbiamo iniziato a farlo a Bologna, ma poi altre associazioni ci hanno seguito e questo metodo si è diffuso nelle altre regioni italiane».
Dal naming chiaro e diretto “Muoviti contro la trombosi”, la campagna di quest’anno sarà incentrata sul movimento, fondamentale per migliorare la circolazione sanguigna, e promuoverà la nuova entusiasmante sfida di fitness “60 for 60 Challenge”. La WTD 60 for 60 Challenge invita a muoversi contro la trombosi alzandoti e muovendoti ogni 60 minuti per 60 secondi dal 1° ottobre al 13 ottobre. A sostenere l’iniziativa anche l’atleta Agostino Abbagnale che, al momento della diagnosi, non si è arreso ed ha continuato ad allenarsi: «Avevo 22 anni ed ero appena tornato dai Giochi Olimpici di Seul, quando, dopo una sessione di allenamento, ho avvertito un leggero dolore al polpaccio. Non vi ho prestato molta attenzione, ma dopo alcuni giorni il dolore è peggiorato e, dopo aver consultato molti medici, mi è stata diagnosticata una trombosi venosa profonda».
«Era il 1988 e non era facile ottenere una diagnosi e una terapia adeguate. Quindi, dopo alcuni mesi, il dolore e il gonfiore alla gamba sono tornati. Questa volta erano peggiorati e sono stato ricoverato in ospedale per una recidiva della trombosi – racconta ancora l’atleta – . In quel momento, dopo aver scoperto di avere anche una forma ereditaria di grave trombofilia (deficit di proteina C), ho iniziato un trattamento anticoagulante a lungo termine. All’inizio è stato uno shock, dato che ero un giovane che aveva appena vinto una medaglia d’oro nel canottaggio e la Commissione Medica Olimpica Italiana mi aveva detto di interrompere l’attività competitiva. In ogni caso, ho deciso di continuare ad allenarmi (anche se in modo meno intensivo) da solo, perché mi faceva sentire bene. Sono stato sostenuto molto dal mio medico, il dott. Franco Piovella, a Pavia, nel continuare lo sport. Il dottore era anche molto attivo nel raccogliere studi su casi simili al mio (atleti in trattamento anticoagulante cronico) e nel presentarli alla Commissione Olimpica, tanto che, dopo sei anni, sono stato riammesso alle competizioni di alto livello e ho vinto altre due medaglie d’oro (ai Giochi Olimpici di Atlanta nel 1996 e a Sydney nel 2000)! Ringrazio davvero questo medico che ha compreso il valore dello sport in questa situazione – continua Abbagnale , quando non era chiaro a molti, e mi ha aiutato molto. Cerco anche di sostenere le persone, di solito giovani atleti, che mi chiamano per consigli perché stanno vivendo la stessa situazione avendo avuto una trombosi e trovandosi in trattamento anticoagulante a lungo termine. D’altra parte, per quanto riguarda la trombosi stessa, mi ha causato solo qualche disagio alla gamba e il fastidio di dover usare calze elastiche».
Nel mondo, una persona su quattro muore per patologie legate ai coaguli di sangue, una delle principali cause di morte e disabilità a livello globale. Fino al 60% dei casi di trombosi venosa profonda (TEV) si verifica durante o dopo il ricovero ospedaliero, rendendola una delle principali cause prevenibili di morte ospedaliera. I coaguli di sangue (trombi) sono una delle principali cause di morte e disabilità in tutto il mondo. Uno studio ha rivelato che ogni anno si verificano circa 10 milioni di casi diagnosticati di trombosi nei Paesi a basso, medio e alto reddito. I principali fattori di rischio per la formazione di un coagulo di sangue (trombo) possono includere: permanenza in ospedale per un periodo di tempo prolungato, interventi chirurgici, sedentarietà per lunghi periodi di tempo (ad esempio, a causa di un prolungato riposo a letto); età (60+), storia personale o familiare di trombosi, cancro/chemioterapia, traumi, utilizzo di farmaci a base di estrogeni.
Gli esperti in occasione della Giornata Mondiale della Trombosi hanno messo a punto il vademecum della prevenzione:
Che le terapie adeguate e il sostegno degli specialisti possano fare davvero la differenza lo sa bene Cesare Sanmarchi che a distanza di quasi sessant’anni racconta la sua storia: «Far parte dell’associazione mi ha aiutato molto a ottenere informazioni adeguate sulla terapia e a chiarire dubbi su problemi quotidiani. Oggi, dopo 30 anni, sono ancora un volontario e ringrazio i medici che ci hanno sostenuto rendendo tutto ciò possibile. Posso dire di essere stato curato nel migliore dei modi e, nonostante la mia età, 84 anni, mi sento abbastanza bene».
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