La parola alla psicologa e psicoterapeuta Francesca Andronico: «Un bambino che non viene abbracciato sarà un adulto incapace di metabolizzare le emozioni”
Conforto, coccola, contenimento. L’abbraccio è la manifestazione fisica d’affetto per eccellenza, che assume diverse connotazioni a seconda del contesto in cui avviene. Ma l’abbraccio è anche molto di più: un vero e proprio toccasana per la salute, in grado di scatenare i nostri neurotrasmettitori del benessere, di potenziare il sistema immunitario, di aumentare le connessioni neuronali che incidono sullo sviluppo cognitivo.
L’abbraccio, inoltre, è una delle forme di prossemica e contatto fisico più variamente codificate nelle varie culture: se presso i popoli latini e mediterranei questa manifestazione è ampiamente avallata, nelle popolazioni orientali viene evitata in quanto reputata sconveniente. Non è un caso, ad ogni modo, che l’abbraccio abbia addirittura una Giornata Mondiale dedicata, che cade proprio il 21 gennaio. Del significato dell’abbraccio e delle sue implicazioni sulla nostra salute psico-fisica abbiamo parlato con la dottoressa Francesca Andronico, psicologa e psicoterapeuta, responsabile scientifico del Centro Psiche Balduina (Roma).
«Dal punto di vista biologico e genetico – spiega Andronico – dal momento che l’essere umano è strutturato come animale sociale, l’abbraccio fa parte di quell’insieme di cure e di forme di accudimento fondamentali per lo sviluppo evolutivo. Numerosi studi di neuroimmunologia dimostrano che i bambini che nei primi anni di vita hanno sperimentato una carenza di contatto fisico, di abbracci e carezze, hanno da lato un sistema immunitario meno efficiente, dall’altro una minore capacità di auto rassicurarsi e di metabolizzare le emozioni negative».
«L’abbraccio inoltre – prosegue la psicologa – stimola le connessioni neuronali, e la prima forma di intelligenza, intesa come capacità di adattamento all’ambiente, è direttamente correlata al livello di accudimento. Infine l’abbraccio, dal punto di vista neurobiologico, stimola gli ormoni della felicità, cioè l’ossitocina, la serotonina e le endorfine, che vanno ad incidere sul sistema neuroendocrino. Ovviamente – sottolinea Andronico – gli effetti benefici che scaturiscono dall’abbraccio presuppongono una corrispondenza e un contesto di relazione affettiva, viceversa un abbraccio subìto senza consenso viene percepito come un’invasione del proprio spazio e della propria intimità, e non va ad innescare i neurotrasmettitori del benessere ma una risposta di tipo attacco-fuga innescata da altri neurotrasmettitori».
A dimostrazione delle tante virtù dell’abbraccio, a partire dagli anni Ottanta si è fatta strada una vera e propria “hug therapy” (terapia dell’abbraccio), che sostiene un benefico effetto di contenimento dell’abbraccio nelle situazioni di ansia, depressione e stress. «La hug therapy – spiega ancora la dottoressa Andronico – viene declinata anche nella silvoterapia, cioè l’abbraccio agli alberi, per ritrovare il contatto con la natura o, per i bambini, nell’abbraccio ad un pupazzo o peluche che, in quanto oggetto transizionale, deve essere pian piano lasciato andare per lasciare il posto alla capacità di autoregolarsi e autorassicurarsi. Attenzione però – ammonisce la psicologa – c’è sicuramente una valenza terapeutica nella hug therapy, che senza dubbio contribuisce ad aumentare il benessere. Tuttavia associare esclusivamente ad essa la cura dell’ansia e della depressione sarebbe sbagliato e fuorviante. Possiamo affermare – conclude – che in un contesto di psicoterapia o di terapia psicologica, la hug therapy può rappresentare un ulteriore valido strumento a supporto».
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