Salute 24 Settembre 2024 16:04

Giornata dell’aborto sicuro, nel mondo il 45% delle interruzioni volontarie di gravidanza avviene in condizioni precarie

L'indagine di Medici del mondo: Lombardia, Umbria e Marche sono le regioni con tassi di obiezione più elevati e maggiori difficoltà nell'accesso ai farmaci abortivi
Giornata dell’aborto sicuro, nel mondo il 45% delle interruzioni volontarie di gravidanza avviene in condizioni precarie

Quasi una donna su due che decide di interrompere volontariamente la propria gravidanza è costretta ad abortire in condizioni precarie: il 45% degli aborti praticati in tutto il mondo, infatti, non avviene in sicurezza, a causa dell’accesso limitato al servizio. Un’inefficienza che, stando ai numeri diffusi dall’Organizzazione mondiale della sanità, causa 39mila decessi ogni anno. La situazione in Italia, così come descritto da un’indagine di Medici del mondo, non è migliore: “la rete sanitaria non è adeguata a garantire l’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg), così come previsto dalla legge 190”. Realizzata in vista della Giornata mondiale dell’aborto sicuro che si celebra il 28 settembre, il report denuncia “l’enorme difficoltà a reperire le informazioni sull’iter da seguire, la mancanza di consultori e gli elevati tassi di obiezione di coscienza.

Focus su Lombardia, Umbria e Marche

L’analisi si è focalizzata su Lombardia, Umbria e Marche, regioni con tassi di obiezione elevati e difficoltà nell’accesso ai farmaci abortivi. Nel 2021 in Italia si è dichiarato obiettore il 63% dei ginecologi, con picchi dell’85% in Sicilia. Questo limita l’accesso alle interruzioni volontarie di gravidanza (Ivg), con solo il 59% delle strutture ospedaliere che le effettuano (i valori più bassi sono in Campania). Ma in 18 ospedali la percentuale di obiezione arriva al 100% dei ginecologi. Anche l’accesso ai consultori familiari è critico: ne abbiamo uno ogni 32.325 abitanti (dati Iss), ben al di sopra del rapporto di uno ogni 20mila previsto dalla legge, con cinque regioni che superano i 40mila abitanti.

La migrazione sanitaria

Le problematiche sono più gravi in alcune Regioni, dove molte donne sono costrette a recarsi in altre province o fuori dal territorio regionale. La Lombardia è stata pioniera nel 2010 nell’avviare una collaborazione con movimenti contro l’aborto, istituendo un fondo a hoc e rendendo capillare negli ospedali e consultori la rete dei Centri di Aiuto alla Vita. Un terzo dei consultori pubblici non tratta le interruzioni volontarie di gravidanza. Nel 2023, circa il 49% delle Ivg sono state con la pillola Ru486, ma 11 strutture pubbliche su 50 non la utilizzano. Il 53% dei ginecologi è obiettore, con picchi oltre il 70%. In Umbria, fino al gennaio 2023, l’ospedale di Perugia non somministrava la RU486 e molti ginecologi sono obiettori, con il 100% a Castiglione del Lago e l’83% a Foligno. Nella stessa Regione si discute una proposta di legge della Lega per “rimuovere le difficoltà che possano indurre all’interruzione di gravidanza”. Le Marche presentano sfide simili: i 66 consultori sono pochi e spesso chiusi, solo 26 rilasciano la certificazione per l’aborto. Negli ospedali di Fermo e Jesi l’obiezione di coscienza è al 100%, a Senigallia, Civitanova e Fano tra l’80% e il 90%. L’aborto con la pillola RU486 nel 2022 ha rappresentato il 20,7%  di tutte le procedure effettuate, mentre l’11% delle residenti nelle Marche si sono rivolte fuori dalla regione​.

Legislazione nazionale ed europea

Nel mirino della ricerca anche le proposte di legge per l’ascolto forzato del battito fetale o per il riconoscimento della capacità giuridica del feto, così come un emendamento al ddl per l’attuazione del Pnrr che dà alle Regioni il potere di avvalersi, nei consultori, ‘di soggetti con esperienza nel sostegno alla maternità’, che ‘spesso coincidono con i Centri del Movimento per la Vita’. “La risoluzione non vincolante del Parlamento Europeo sull’inclusione del diritto di aborto nella Carta dei diritti  fondamentali dell’Ue chiede agli Stati membri di rimuovere gli ostacoli al servizio, come prevedono le linee guida dell’Oms – ricorda Elisa Visconti, direttrice di Medici del Mondo Italia.  “Chiediamo al ministero della Salute – aggiunge – di recepire le raccomandazioni dell’Oms. Riteniamo, inoltre, necessari l’aumento del limite legale di età gestazionale in cui è possibile ricorrere all’Ivg e l’abolizione dell’attesa forzata. L’aborto – conclude – va considerato come un atto medico per la tutela della salute psicofisica della gestante”.

 

 

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