Mastroianni (SIMIT): «Attendiamo che venga approvato un nuovo farmaco per l’Epatite Delta, unico per meccanismo d’azione e somministrazione. Il virus dell’Epatite Delta, scoperto nel 1977, causa la forma più severa di tutti i virus epatitici. Questa terapia innovativa permetterà di trattare pazienti che prima non potevano ricevere alcuna terapia»
Eradicare l’Epatite C e iniziare la somministrazione della nuova terapia per l’Epatite Delta di prossima approvazione: sono queste le due priorità a cui mira il mondo scientifico e su cui sono puntati i riflettori in occasione della Giornata Mondiale delle Epatiti promossa dall’OMS, che si celebra ogni anno il 28 luglio per incentivare la lotta alle epatiti virali. Una battaglia che può essere vinta attraverso tre azioni cruciali: prevenzione, identificazione e trattamento.
«Non tutte le epatiti sono uguali – spiega il professore Claudio Mastroianni, presidente SIMIT, la Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali -, alcune possono essere curate, altre solo prevenute attraverso le vaccinazioni. La novità del 2022 è rappresentata dal nuovo farmaco bulevirtide per l’Epatite Delta, di prossima approvazione, unico per meccanismo d’azione e somministrazione. Il virus dell’Epatite Delta, scoperto nel 1977 da un italiano, il professor Mario Rizzetto, causa la forma più severa di tutti i virus epatitici e si manifesta solo nelle persone affette da Epatite B. Purtroppo – aggiunge il presidente SIMIT – non ci sono dati accurati sulla prevalenza dell’Epatite Delta sia nel mondo che in Italia, anche per la mancanza di un trattamento efficace. Ora, finalmente, grazie a questa terapia innovativa potremmo trattare pazienti che prima non potevano ricevere alcuna terapia».
Quando questo nuovo trattamento verrà approvato l’obiettivo sarà la sua eradicazione, prospettiva a cui si mira già da diverso tempo per l’Epatite C. Grazie ai nuovi farmaci antivirali ad azione diretta (DAA) l’Epatite C, infatti, potrebbe essere definitivamente eradicata, purtroppo però resta ancora un enorme ostacolo da superare: l’identificazione del sommerso. «L’Italia è ancora in linea con l’obiettivo dell’OMS di eliminare l’Epatite C entro il 2030, ma occorre uno sforzo in più – ribadisce Claudio Mastroianni -. È fondamentale lo screening, anche perché la terapia, oltre a curare il paziente, diventa anche un importante mezzo di prevenzione per bloccare la trasmissione del virus».
In Italia sono stati stanziati 71,5 milioni per lo screening gratuito per fasce di età e in popolazioni chiave, ma l’implementazione delle azioni da mettere in atto non sono attivate in tutte le Regioni. Alcune hanno realizzato vere e proprie politiche di screening, o quantomeno avviato dei piani, come Basilicata, Liguria, Veneto, Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Molise, Abruzzo, Valle d’Aosta. Il 31 dicembre 2022 i fondi scadono e bisogna capire quali siano stati i problemi di questi mesi e come si possa rilanciare la lotta all’Epatite C.
«Innanzitutto, è necessario prorogare questa scadenza – dice Mastroianni -. Poi, bisogna muoversi in molteplici direzioni: si devono implementare, a livello regionale, tutte le politiche di screening su popolazioni target come detenuti presso gli istituti penitenziari e persone seguite dai servizi pubblici per le dipendenze (SerD) e far emergere il sommerso nelle fasce d’età previste nel decreto ministeriale. A queste politiche, solo in parte attuate – continua il presidente SIMIT – si dovrebbe aggiungere uno screening opportunistico, che permetta di effettuare un test ogni qual volta una persona abbia la possibilità di farlo».
Negli ultimi mesi sono state le epatiti severe di origine sconosciuta nei bambini a destare maggiore preoccupazione. L’allarme è scattato i primi giorni di aprile, quando il Regno Unito ha segnalato un aumento degli episodi di epatiti virali acute pediatriche dalle cause ignote. «Nel nostro Paese la situazione è rimasta sempre sotto controllo: se negli altri Paesi è stato necessario un trapianto di fegato in circa il 10% dei casi, in Italia ne ha avuto bisogno un unico bambino – dice il professore -. Questo significa che nell’anno in corso la media dei trapianti epatici in Italia è uguale a quella dello stesso periodo dello scorso anno. Tali dati testimoniano che questa forma di epatite virale pediatrica, pur rimanendo “misteriosa”, poiché ad oggi non se ne conoscono ancora le cause scatenanti, non deve destare alcun allarme», assicura il presidente SIMIT.
Per l’Epatite B, invece, l’Italia è un esempio virtuoso: «Dal 1991 – racconta Mastroianni – è stata introdotta la vaccinazione che ha reso questa forma di epatite quasi del tutto assente nella popolazione under 40. Anche se restano tuttora “scoperte” le altre fasce di età e coloro che non sono nati in Italia».
A completare il quadro delle Epatiti vi sono la A e la E, forme autolimitanti, trasmissibili per via oro-fecale. Non provocano problemi particolari, tranne rari casi. Per l’Epatite A sono disponibili due vaccini, raccomandati soprattutto per i soggetti a rischio: chi viaggia in Paesi dove l’infezione è endemica, chi lavora in ambienti a contatto con il virus, tossicodipendenti, contatti familiari di chi ha l’Epatite A. L’Epatite E può destare apprensione in gravidanza o nei soggetti immunocompromessi, principio che vale per ogni patologia. Dopo un picco di casi nel 2019, in Italia vi è stata una costante riduzione.
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