Salute 30 Ottobre 2023 16:07

Giornata Mondiale dell’Ipofosfatasia, i pazienti: “Diagnosi più precoci e migliore accesso alle terapie”

Per la prima volta la Giornata viene celebrata anche in Italia con lo slogan “Diamoci una Mossa Insieme” e una serie di iniziative dedicate. Taruscio: “È una patologia congenita, metabolica e progressiva che può essere anche fatale. Per individuarla è necessaria una valutazione biochimica metabolica”

di I.F.
Giornata Mondiale dell’Ipofosfatasia, i pazienti: “Diagnosi più precoci e migliore accesso alle terapie”

Una migliore conoscenza della malattia da parte della classe medica, più diagnosi attuate in tempo, percorsi multidisciplinari, che permettano di curare tutti i problemi clinici, e un migliore accesso alle terapie disponibili. Sono queste le quattro richieste che l’API, l’Associazione Pazienti Ipofosfatasia, ha avanzato oggi, in occasione della Giornata Mondiale dedicata alla patologia, a tutte le istituzioni medico-sanitarie del Paese. Per la prima volta la Giornata è stata celebrata anche in Italia con lo slogan “Diamoci una Mossa Insieme”  e una serie di iniziative dedicate. L’ Ipofosfatasia è una malattia congenita, metabolica e progressiva che porta al depauperamento del minerale osseo e dentario.

Che cos’è l’ipofosfatasia

“L’ipofosfatasia è causata da mutazioni del gene che permette la sintesi della proteina fosfatasi alcalina ossea non specifica, presente nell’osso – sottolinea la professoressa Maria Luisa Brandi, Presidente della FIRMO, la Fondazione Italiana Ricerca sulle Malattie dell’Osso -. È una patologia che può esprimersi già in epoca prenatale e causare anche il decesso in utero del feto. Si può manifestare anche nei primi sei mesi di vita e avere un’ereditarietà autosomica recessiva cioè entrambi i genitori sono ammalati, o portatori sani. In questo caso risulta essere mortale per il 50-90% dei pazienti. Tuttavia il decorso clinico può essere meno aggressivo ma proprio per questo risulta più difficile la diagnosi, soprattutto tra gli adulti. Tra i non più giovanissimi in media tende ad insorgere tra i 40 e i 50 anni di età. Si calcola che la metà dei pazienti va incontro a una perdita dei denti molto precoce mentre il 35% a fratture soprattutto delle ossa lunghe. Gli altri sintomi sono difficoltà motorie e di deambulazione, profonda debolezza muscolare, calcolosi renale, insonnia, ansia e depressione e disturbi respiratori. Sono tutte manifestazioni aspecifiche e che rischiano di essere scambiate per altri problemi di salute meno gravi”.

La diagnosi

“Per individuarla è necessaria una valutazione biochimica metabolica che misura i livelli della fosfatasi ossea non specifica e dei substrati che vengono metabolizzati da questo enzima – prosegue la dott.ssa Domenica Taruscio, già Direttrice del Centro Nazionale Malattie Rare dell’Istituto Superiore di Sanità -. Alla valutazione metabolica si può aggiungere l’analisi della mutazione del gene ALP. Una corretta diagnosi permette una presa in carico adeguata del paziente”. Solo così è possibile anche consentire al paziente di accedere alle terapie più adeguate:  “Lipofosfatasia è fortemente invalidante e necessità di trattamenti farmacologici mirati – aggiunge la prof.ssa Brandi -. Se la fosfatasi alcalina non è adeguata le ossa possono diventare deboli o morbide. Si calcola che le forme gravi si verifichino in circa un caso su 100.000 nati vivi ma non conosciamo esattamente quante persone nell’insieme ne siano colpite. L’incidenza potrebbe essere molto più alta ed arrivare addirittura ad un caso ogni 5/6000 persone. Il motivo di questa incertezza, a livello epidemiologico, è da ricercare proprio nella presenza di numerose varianti che si manifestano con sintomatologie diverse e non facilmente riconoscibili”.

Il contributo delle Associazioni dei pazienti

La malattia non può essere sottovalutata: nei casi più lievi provoca solo anomalie dentali mentre in quelli più gravi può anche causare il decesso. “La nostra associazione – aggiunge Luisa Nico, dell’API – vuole offrire un aiuto concreto e un forte sostegno a pazienti e caregiver. API  è nata  nel difficile momento che ha preceduto immediatamente l’inizio della pandemia da Covid-19. Quest’anno abbiamo voluto dar vita ad una prima iniziativa di comunicazione con l’obiettivo di aumentare la consapevolezza sulla patologia e sulle nostre condizioni di estrema sofferenza. Con la Giornata Mondiale intendiamo far comprendere come l’ipofosfatasia influisce sulle nostre vite. Un modo – conclude – per diffondere la conoscenza anche tra gli operatori sanitari, i familiari e i media”.

 

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