Un anno fa si sottoponeva ad un intervento di chirurgia bariatrica, oggi con l’associazione di ex pazienti aiuta gli indecisi a vincere le paure e a sconfiggere l’obesità.
Una persona su sette al mondo si trova in uno stato di obesità e secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità questo livello è destinato a crescere esponenzialmente da qui al 2035. Una vera e propria emergenza, dunque, a cui non si sottrae l’Italia. Nel nostro Paese, infatti, oltre il 46 percento degli adulti e il 26 percento dei bambini e adolescenti è in sovrappeso. In Lombardia il sistema di sorveglianza dei disturbi del comportamento alimentare ha denunciato che il 25,2% degli adulti nella regione è obeso, mentre il 37,2%.si trova in una condizione di sovrappeso. Una condizione che interessa in particolare la fascia di età tra i 45 e i 66 anni. Un destino a cui non sfuggono bambini e adolescenti lombardi con l’8,5% di obesi e 19,3% in sovrappeso.
Correre ai ripari è fondamentale. E per farlo in occasione della giornata mondiale dell’obesità è stato lanciato dal Ministero della Salute un messaggio “cambiare le prospettive, parliamo di obesità”. Un invito che è stato raccolto da ex pazienti di chirurgia bariatrica dell’Istituto Bassini di Cinisello Balsamo che, dopo essersi sottoposti all’intervento, condividono la loro esperienza con i pazienti del centro dei disturbi alimentari, aiutano gli indecisi a vincere le paure e li sostengono nel cambiamento. Un percorso a 360° promosso dall’ASST Nord Milano che coinvolge diversi professionisti: nutrizionisti, chirurghi e psicologi con cure personalizzate. E quando i percorsi dietetici non sono efficaci per perdere peso, la soluzione è nella chirurgia bariatrica con interventi che riducono lo stomaco per arrivare a limitare la quantità di cibo che si assume.
Un intervento impegnativo a cui si è sottoposto anche Francesco Fornari, 56 anni, veterinario di Lentate che in dodici mesi è riuscito, grazie al percorso fatto presso l’ospedale Bassini di Cinisello Balsamo a perdere 70 chilogrammi e tornare a vivere «All’obesità si fa l’abitudine ed è questo il vero problema – racconta Francesco a Sanità Informazione -. Essere obeso vuol dire condurre una vita in schiavitù per i movimenti impossibili, i rapporti sociali difficili, anche per la dipendenza che si crea con cibo e bevande. Il vero dramma è che non si percepisce la schiavitù finché non si esce dal tunnel. Solo allora si capisce di essere finalmente liberi e di poter fare tutto ciò che da obeso era impossibile».
Oggi Francesco pesa 103 chilogrammi per un metro e ottantaquattro di altezza, non soffre più di ipertensione e di apnee notturne, ha riscoperto il piacere di fare sport, di ballare e di essere libero da un malessere che lo accompagnava da anni. «Fare l’intervento di chirurgia bariatrica comporta tanto coraggio – tiene a precisare -. Non tanto per l’aspetto chirurgico, ma perché vengono a cambiare i rapporti con gli altri e con se stessi. Il rischio grosso è di non riconoscersi più». La giornata del veterinario di Lentate è decisamente cambiata. «Dormo bene, 6 o 7 ore mi bastano per essere riposato, non ho più bisogno della c-pap di notte per respirare ed ho ripreso a fare sport».
Francesco racconta con le lacrime agli occhi il momento in cui ha ripreso a fare windsurf, uno sport che amava in gioventù e che da 35 anni era diventato un sogno proibito. «L’estate scorsa sono tornato in mare – ricorda visibilmente commosso – ho sollevato la vela e preso il largo. Ad un certo punto ho adagiato la vela e mi sono tuffato per vedere se ero ancora in grado di risalire sulla tavola, e quando ci sono riuscito sono rimasto un quarto d’ora in ginocchio ad osservare l’orizzonte. Le lacrime mi rigavano il volto, la gioia era troppo grande perché mai avrei pensato di riuscire ancora a provare quelle emozioni». La felicità è tanta e il cibo non è più un problema. Oggi, infatti, Francesco segue una alimentazione bilanciata, consigliata dal centro. «Posso mangiare poco di tutto – ammette -. Alcuni cibi non riesco più a ingerirli, ma poco importa, ciò che ho guadagnato è infinitamente superiore».
Il percorso di Francesco iniziato due anni e mezzo prima dell’intervento è stato fondamentale per la riuscita del cambiamento. «La psicologa Cristina Sammati mi ha dapprima messo difronte alla dipendenze dal cibo e da tutti quei momenti di stress che io soffocavo con il cibo, poi quando finalmente ha ritenuto che non fossi più schiavo del frigorifero, mi ha sottoposto ad un test con 900 domande da completare in quattro ore. Superato quell’ultimo scoglio sono stato dichiarato idoneo dalla psicologa per affrontare l’intervento». La specialista del centro di nutrizione e diabetologia dell’ASST Nord Milano ha permesso a Francesco di vincere le paure e scegliere di vivere. «Ho avuto la fortuna di trovare un centro che dà molta importanza all’aspetto psicologico – ammette -. Non basta l’intervento chirurgico per guarire dall’obesità. Serve un percorso prima e dopo. Prima è necessaria una preparazione al cambiamento, perché perdere 60 o 70 chilogrammi in un anno significa diventare un’altra persona e non si è preparati a questo. Cambiano i rapporti sociali, cambiano i rapporti con la propria fisicità, con l’armadio e anche ovviamente con il cibo. Dopo l’intervento il supporto psicologico specialistico è fondamentale per accettare il cambiamento fisico che ne consegue».
Francesco, dopo aver vinto l’obesità, oggi fa molto di più. Con l’associazione di ex pazienti di chirurgia bariatrica del Bassini, aiuta chi deve affrontare l’intervento a superare le proprie paure. «Cerchiamo di far capire alle persone indecise, che si avvicinano all’intervento che devono essere positivi nei confronti della vita e non avere paura del cambiamento. Ricorderò sempre le parole dell’anestesista a cui chiesi se era rischioso per me fare l’intervento di riduzione dello stomaco – racconta un aneddoto Francesco –. Il medico mi disse che praticare l’anestesia ad un uomo di 170 chilogrammi era molto rischioso, ma se non avessi corso quel rischio certamente non avrei vissuto ancora dieci anni. In quel momento ho capito che era giusto farlo, ho affrontato l’intervento e l’unico rammarico che ho oggi è di non averlo fatto prima».
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