La direttrice di Omar, nell’intervista a Sanità Informazione, richiama l’attenzione anche sui caregiver: «Dove non si può proteggere il paziente bisogna tutelare le persone vicine e a stretto contatto»
Si celebra il 28 febbraio di ogni anno la Giornata delle Malattie Rare, giunta ormai alla XIV edizione, un evento istituito nel 2008 per volontà dell’European Organisation for Rare Disease (Eurordis) l’organizzazione europea che raggruppa oltre 700 organizzazioni di malati di 60 paesi in rappresentanza di oltre 30 milioni di pazienti.
I malati rari in Italia sono oltre 1.200.000 e di questi 1 su 5 è un bambino (Rapporto Monitorare 2020). Il numero di malattie rare conosciute e diagnosticate oscilla tra 7.000 e 8.000 e sono generalmente gravi, spesso croniche, a volte progressive e non sempre facilmente diagnosticabili.
Durante la pandemia da Covid-19 i pazienti con malattie rare hanno avuto maggiori difficoltà nella continuità assistenziale: molti hanno interrotto gli accessi in ospedale per proteggersi dalla possibile infezione del virus, limitato i controlli periodici. la riabilitazione e le terapie con conseguenti effetti psicologici.
Convivere con una patologia rara rappresenta ogni giorno una sfida: Ilaria Ciancaleoni Bartoli, direttrice dell’Osservatorio malattie rare (Omar) ha fotografato la situazione oggi in Italia, individuato le maggiori criticità e tracciato le azioni concrete da mettere in atto per tutelare chi vive in condizioni di fragilità.
«Esattamente da un anno, da quando è scoppiata la pandemia, di malattie rare non se n’è più parlato – dichiara delusa la Bartoli –. A livello istituzionale non ne hanno parlato né fatto nulla. Tutto quello che c’era da fare, con urgenza, già un anno fa, è da fare ancora oggi».
La direttrice di Omar si riferisce al Piano nazionale delle malattie rare: «Bisogna scriverlo, approvarlo e finanziarlo». Inoltre, si augura di ampliare ulteriormente la lista degli screening neonatali – conta ad oggi oltre 40 patologie – con la definizione dei protocolli operativi per la gestione, le modalità di presa in carico e di accesso alle terapie. «Procedere, entro maggio, con l’aggiornamento della lista degli screening è un’altra delle priorità – spiega -. Questa data deve assolutamente essere rispettata e anche questo va rifinanziato. Poi – prosegue la Bartoli – bisogna agire su telemedicina e assistenza domiciliare, e la grande priorità è capire come tutelare le persone con malattie rare che sono in una condizione di fragilità e rischio con il vaccino».
I malati rari e, più in generale, i disabili, hanno diritto alla priorità vaccinale? Di fatto, i malati rari non hanno una specifica priorità in quanto tali, ma in base alla patologia e la situazione di salute generale. «Si può valutare quale vaccino fare – specifica la direttrice – ma senza dubbio i malati rari e le persone a rischio devono essere inserite assolutamente nelle liste di priorità del piano vaccinale in tutte le regioni per contrastare le disparità che ancora ci sono».
Un’altra domanda sorge spontanea: i loro caregiver, perlopiù genitori e familiari che si fanno carico delle persone non autosufficienti e dei minori con patologie importanti e disabilità, saranno vaccinati? Al momento, i caregiver non hanno una collocazione precisa nel piano vaccinale: tutto fa pensare che saranno contestualmente vaccinabili, in quanto non avrebbe senso immunizzare la persona con disabilità ma non il suo accompagnatore. La questione è, ad oggi, irrisolta, e l’Osservatorio Malattie Rare, le associazioni di pazienti e caregiver si sono già mobilitati in massa denunciando la grave mancanza.
Ilaria Ciancaleoni Bartoli ritiene fondamentale non solo sottoscrivere specifiche linee guida e raccomandazioni sul vaccino anti-Covid ai malati rari e inserirli nelle liste di priorità ma occuparsi, con urgenza, anche dei loro caregiver: «L’80% delle malattie rare sono malattie pediatriche, le persone fino a 16-18 anni non possono essere vaccinate – precisa -. E allora a quel punto è necessario proteggere le persone che si prendono cura di loro. In genere, i caregiver sono le mamme e i papà che prendendosi cura di loro necessariamente hanno una stretta vicinanza fisica. Non è possibile pensare che queste persone possano portare la malattia a casa o si possano ammalare e non siano in condizione di prendersi cura dei figli. Dove non si può proteggere il paziente – conclude la direttrice Bartoli – bisogna tutelare le persone vicine e a stretto contatto».
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