Il segretario nazionale dell’Associazione italiana esposti amianto: «La maggior parte di queste persone soffre di interstiziopatie polmonari che aumentano il rischio di mortalità in caso di contatto con il Covid-19. Urgente attivare protocolli speciali di sorveglianza»
«Per gli esposti all’amianto il lockdown deve continuare». È questo l’appello di Sabina Contu, segretario nazionale Aiea, l’Associazione italiana esposti amianto, in occasione della Giornata mondiale dedicata alle vittime dell’amianto. «La maggior parte di queste persone soffre di interstiziopatie polmonari che aumentano il rischio di mortalità in caso di contatto con il Covid-19».
In Italia, stando agli ultimi dati diffusi dalla Società italiana di medicina ambientale (Sima), 6mila persone all’anno continuano a morire per l’amianto. Nel mondo, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, sono 125 milioni gli esposti a questo minerale, tutti individui che rischiano di ammalarsi soprattutto di tumore polmonare (mesotelioma pleurico), ma anche laringeo e ovarico.
«Si tratta di persone che hanno già pagato duramente per aver lavorato nelle industrie chimiche e petrolchimiche, ma anche nell’edilizia e in altre attività, in presenza di amianto, senza le necessarie tutele e precauzioni – continua Contu -. Per questo, chiediamo che venga attivato con urgenza un protocollo di sorveglianza specifico, che consenta lo screening per il Covid-19 in tempi rapidi di tutti gli esposti all’amianto d’Italia, affinché vengano individuate le eventuali positività e presi i necessari provvedimenti, per limitare ulteriori gravi conseguenze».
Il tumore più diffuso tra gli esposti all’amianto è il mesotelioma, lesione che nasce dalle cellule del mesotelio (rivestimento della parete interna di torace, addome e lo spazio intorno al cuore). «Le piccole fibre di amianto che si depositano nei polmoni – commenta il segretario nazionale Aiea – possono dare origine ad altre malattie come, per esempio, l’asbestosi (sorta di cicatrici nel tessuto polmonare che impediscono la corretta espansione dell’organo) o il tumore polmonare. È importante sottolineare che, tra la prima esposizione all’amianto e l’insorgenza del mesotelioma, possono trascorrere fino a quarant’anni. Il rischio di ammalarsi, purtroppo, non diminuisce una volta eliminata completamente l’esposizione, ma rimane costante per tutta la vita».
Considerando che in Italia la prima legge che ha bandito definitivamente l’utilizzo dell’amianto risale al primi anni ’90 (Legge 257 del 1992) e che le bonifiche non sono state tempestive, molte persone continueranno ad ammalarsi ancora per decine di anni. Ed è proprio per tutti coloro che sono stati esposti all’amianto negli anni passati che le misure per l’emergenza Covid-19 dovrebbero essere personalizzate: «Per loro l’inizio della fase 2 dovrebbe essere prorogato – sottolinea Contu -. Il distanziamento sociale è sicuramente, ad oggi, in assenza di cure o di un vaccino, la misura di prevenzione migliore. Tanto che gli esposti all’amianto dovrebbero continuare a restare in casa anche dopo l’allentamento delle restrizioni previste nei prossimi giorni e, contemporaneamente, dovrebbero essere sottoposti ad un’attenta sorveglianza».
Una richiesta, quella dell’Aiea, che troverebbe già la strada spianata: «Il ministero della Salute – spiega Contu – durante i primi giorni del mese di aprile ha emanato una circolare in cui si invitano le regioni ad individuare dei protocolli ad hoc, nell’ambito dell’emergenza Coronavirus, per tutti coloro che soffrono di patologie polmonari. Sarebbe sufficiente aggiungere un paragrafo dedicato agli esposti all’amianto». Anche individuare tutti i soggetti da “sorvegliare” sarebbe piuttosto semplice: «In ogni Regione – aggiunge il segretario nazionale Aiea – è presente il Registro Esposti Amianto (ai sensi della legge regionale 22 del 2005), documento che permetterebbe di intercettare in modo rapido tutti coloro da sottoporre a screening preventivi. La sorveglianza potrebbe essere affidata al Servizio Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro (SPRESAL), istituti che in ogni regione – conclude – sono incaricati alla vigilanza attiva degli esposti all’amianto, attraverso protocolli sanitari specifici che prevedono già l’uso di tamponi e test sierologici».
ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SANITÀ INFORMAZIONE PER RIMANERE SEMPRE AGGIORNATO