La Società Italiana per la Prevenzione Cardiovascolare (SIPREC) lancia, per il 13 maggio 2021, un’iniziativa nazionale volta a diffondere la consapevolezza dell’importanza e dell’incidenza di queste patologie e, soprattutto, la possibilità di prevenirle
Le malattie cardiache sono la principale causa di morte in Italia: ogni anno 240 mila persone perdono la vita e 7,5 milioni di individui si ammalano. Infarto, ictus e vasculopatie sono gli eventi cardiovascolari più diffusi. Sono 600 mila le diagnosi annue di scompenso cardiaco, ma il numero cresce fino a 3 milioni se si considerano le forme latenti.
Numeri preoccupanti che hanno spinto la Società Italiana per la Prevenzione Cardiovascolare (SIPREC) a promuovere e organizzare, per il 13 maggio 2021, la prima Giornata Italiana per la Prevenzione Cardiovascolare.
«Il nostro obiettivo – spiega Roberto Volpe, cardiologo, consigliere e delegato ai Rapporti Internazionali della SIPREC – è accrescere la consapevolezza dell’importanza e dell’incidenza di queste malattie e, soprattutto, la possibilità di prevenirle. Nonostante la disponibilità di numerosi farmaci, la mortalità resta alta».
Si tratta di una prevenzione multidisciplinare, ben rappresentata dalla SIPREC, società scientifica di cui fanno parte cardiologi, nutrizionisti, diabetologi, medici di medicina generale, geriatri e pediatri.
«Durante questa Giornata – continua il cardiologo – proporremo numerosi eventi online per diffondere informazioni corrette su stili di vita, sport e alimentazione compresi, fattori di rischio, aderenza alle terapie, vaccinazioni, innovazioni della telemedicina e lotta ai “nemici del cuore”, come colesterolo, diabete, fumo, ipertensione, obesità, stress, età. Nel corso della giornata si svolgeranno tante attività rivolte soprattutto ai professionisti della sanità, ma anche al grande pubblico».
I pazienti che soffrono di ipertensione, diabete, obesità, soprattutto se anziani, sono quelli che hanno pagato il prezzo più alto anche durante la pandemia da Sars-CoV-2. «Molte persone hanno trascurato la propria patologia – continua Volpe -. Temendo di poter contrarre il Covid-19, hanno preferito restare a casa, evitando strutture ospedaliere e ambulatori. Tanto che, lo scorso anno gli infarti in ospedale sono diminuiti del 50% rispetto allo stesso periodo del 2019».
Restare chiusi in casa ha cambiato molte sane abitudini, influenzando negativamente lo stato di gran parte della popolazione. «Se da un lato è aumentato il consumo di frutta e verdura (+20%) e di prodotti preparati in casa, dall’altro – sottolinea lo specialista – molti italiani si sono rifugiati nei cosiddetti cibi di conforto, come snack salati, caramelle, dolci, gelati. Da un recente sondaggio il 48% delle persone ha dichiarato di aver messo su qualche chilo di troppo durante questo ultimo anno».
Donne e uomini non si ammalano allo stesso modo: l’incidenza di malattie cardiovascolari nel gentil sesso è più bassa prima della menopausa, per poi aumentare dopo i 60 anni. Con la menopausa si perde lo scudo ormonale e si diventa vulnerabili a queste patologie esattamente come gli uomini. «Pur avendo un ritardo di circa 10 anni, le donne che muoiono per problemi cardiovascolari (ictus e infarto) sono il 43% contro il 38% degli uomini», sottolinea Volpe.
Tra i principali fattori di rischio ce ne sono alcuni comuni ad entrambi i sessi, come fumo, colesterolo alto, ipertensione, diabete, assenza di movimento, obesità, alimentazione non corretta, ed altri esclusivamente femminili, tra cui menopausa precoce, menarca precoce o tardivo, ipertensione o diabete in gravidanza, la sindrome dell’ovaio policistico. Ancora, altre patologie sono prevalenti tra le signore, con conseguenze più impattanti: malattie autoimmuni, come l’artrite reumatoide, il lupus, la sclerodermia, la miastenia, la tiroidite.
Eccessiva fatica nel fare esercizio fisico o dopo aver salito un piano di scale, dolore precordiale dell’angina, palpitazioni sono tutti campanelli di allarme di patologie cardiovascolari, più o meno gravi. In qualche caso, però, il cuore potrebbe non dare alcun segnale. «Per questo – sottolinea Volpe – è importante prevenire e, soprattutto, farlo il prima possibile. Alcune patologie potrebbero essere già diagnosticate analizzando il sangue del cordone ombelicale, come ad esempio l’ipercolesterolemia familiare. Ma, aldilà dell’esistenza di rischi collegati alla familiarità della patologia, è bene che tutti comincino degli screening “opportunistici” già in età pediatrica».
«Con il termine opportunistico – evidenzia il cardiologo – s’intende inserire delle analisi, come colesterolo, trigliceridi, glicemia, quando già è in programma un esame ematico. Così come il pediatra potrà verificare la pressione arteriosa durante le consuete visite di controllo. Ovviamente, è già dalla tenera età che bisogna cominciare a promuovere i corretti stili di vita, incitando i nostri giovani all’attività fisica, evitando – conclude Volpe – che possano presentare sovrappeso o, peggio, diventare obesi».
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