Schillaci: “Il Pronto Soccorso è il luogo dove è possibile intercettare la vittima di violenza perché è qui che cerca il primo intervento sanitario. Oggi sappiamo che le forme più gravi di violenza contro le donne sono esercitate da partner o ex partner, parenti o amici”
Ogni giorno più di 1.200 donne vittime di violenza varcano la soglia dei pronto soccorso italiani in cerca di aiuto. Più precisamente, nel 2022, sono stati ben 14.448 gli accessi nei reparti di emergenza urgenza degli ospedali, il 13% in più rispetto all’anno precedente. In quasi il 9% dei casi si tratta di donne che tornano almeno per la seconda volta. “Nel mondo la violenza contro le donne ne interessa una su tre e in Italia il 31,5% delle donne tra 16 e 70 anni ha subito, nel corso della propria vita, una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Al di là di ogni retorica, questi numeri non possono e non devono lasciarci indifferenti. Non dobbiamo assuefarci alla violenza”, spiega il Ministro della Salute, Orazio Schillaci, intervenuto all’evento di celebrazione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne che, quest’anno arriva dopo gli omicidi di Giulia Cecchettin e della dottoressa Francesca Romeo a cui il Ministro ha chiesto di dedicare un minuto di silenzio.
In vista della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, una ricorrenza istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite e che si celebra il 25 novembre di ogni anno sin da 1999, il Ministero della Salute ha realizzato un’indagine per valutare il grado di attuazione delle Linee Guida che, dal 2017, prevedono l’istituzione di appositi percorsi per le donne che si rivolgono al pronto soccorso dopo aver subito violenza. Più di tre reparti di emergenza-urgenza su quattro hanno attivato percorsi dedicati per le donne vittime di violenza. Tali percorsi protetti garantiscono cura, sicurezza e orientamento ai servizi antiviolenza per se stesse e i figli minori.
“Il Pronto Soccorso è il luogo dove è possibile intercettare la vittima di violenza perché è qui che si cerca il primo intervento sanitario – continua Schillaci -. Oggi sappiamo che le forme più gravi di violenza contro le donne sono esercitate da partner o ex partner, parenti o amici. Per le donne vittime di violenza la rete di protezione è di fondamentale importanza: come emerge dai dati Istat riferiti agli anni 2021 e 2022, prima di iniziare il percorso di uscita dalla violenza, il 40% delle donne si è rivolta ai parenti per cercare aiuto, il 30% alle forze dell’ordine, il 19,3% ha fatto ricorso al pronto soccorso e all’ospedale”, aggiunge ancora il Ministro.
Secondo la ricerca del Ministero, a cui ha risposto circa l’80% dei pronto soccorso italiani, il 77% delle strutture ha in uso i protocolli attuativi del percorso per le donne che subiscono violenza. Ammonta all’83% la quota di quanti assicurano procedure diversificate e modalità di dimissione protetta nel caso di valutazione a rischio alto, mentre il 59% delle strutture assicura la presenza di una equipe multidisciplinare dedicata. Il 94% delle realtà, inoltre, garantisce, in presenza di figli minori, la possibilità che possano restare con la madre e che siano coinvolti nel suo stesso percorso. La quasi totalità segnala alla donna la presenza sul territorio dei centri antiviolenza e la possibilità di sporgere querela, anche contattando direttamente le forze dell’ordine.
Non mancano però le criticità: solo il 44% delle strutture assicura il supporto di mediatrici linguistico-culturali vis à vis in pronto soccorso, anche se sale a 79% la quota di quanti lo assicurano telefonicamente. Il 38% delle strutture non ha un sistema per l’accompagnamento delle donne e degli eventuali figli a una struttura protetta esterna. Il 72% non assicura una presa in carico sociale attiva h24, mentre il 61% non prevede figure di supporto per le donne con disabilità. “Quando si parla di violenza sulle donne, poi, non si può non pensare alle tante donne impegnate nelle professioni sanitarie e sociosanitarie che subiscono aggressioni verbali e fisiche. Sul totale delle aggressioni agli operatori sanitari – conclude Schillaci – circa il 70% riguarda proprio le donne”.
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