“Salute Mentale in un mondo ineguale” è lo slogan della Giornata 2021, il presidente Sip: «In Africa o in alcuni Paesi dell’Asia i servizi di salute mentale non esistono e al malato di mente, emarginato dal resto della società, non è offerta alcuna possibilità di cura»
Prima la chiusura dei manicomi, poi quella, più recente, degli ospedali psichiatrici giudiziari ha sancito una rivoluzione copernicana nel trattamento dei pazienti affetti da disturbi mentali. Non più malati da ghettizzare, ma persone da curare e, laddove possibile, guarire. Un cambiamento epocale che, però, non ha coinvolto tutti i Paesi del mondo: molti sono rimasti indietro, altri, come quelli in via di sviluppo, non hanno ancora mosso nemmeno il primo passo. Una disparità di trattamento che, in occasione della Giornata Mondiale della Salute mentale 2021, celebrata ogni anno il 10 ottobre, è stata sintetizzata con lo slogan “Salute Mentale in un mondo ineguale”.
«In Africa o in alcuni paesi dell’Asia i servizi di salute mentale non esistono e al malato di mente, emarginato dal resto della società, non è offerta alcuna possibilità di cura. Eppure – spiega Enrico Zanalda, presidente della Società italiana di Psichiatria (Sip) – le malattie mentali, soprattutto quelle più gravi come la schizofrenia e i disturbi bipolari, si manifestano tra la popolazione indipendentemente dal livello di sviluppo del Paese in cui si vive, a differenza di disturbi come l’ansia o la depressione che sono molto più rilevanti e diffusi nei Paesi ad alto reddito». Le differenze sono determinate non solo dalla situazione economica, ma anche da fattori sociali e culturali, compreso lo stigma e il pregiudizio che ancora condizionano, anche in Italia e in altri paesi industrializzati, la qualità di vita delle persone con disturbi mentali e quella dei loro cari.
«Stando ai più recenti dati epidemiologici, in Italia tre persone su dieci soffrono di un problema di salute mentale, ma solo una si rivolge ai servizi pubblici di salute mentale – sottolinea lo psichiatra -. In Italia ci sono 143 dipartimenti di salute mentale in cui, attualmente, sono assistite circa 900mila persone, una cifra che racchiude solo una parte della totalità di coloro che convivono con un disagio mentale. C’è chi rinuncia per le liste di attesa troppo lunghe e chi per un profondo senso di vergogna che scaturisce dal disturbo di cui soffre».
Al di là delle attese più o meno lunghe e di uno stigma non del tutto superato, il modello di cura italiano è tra i più avanzati al mondo, almeno in teoria. «Ciò che ci impedisce di passare da un’ottima teoria ad una pratica altrettanto efficace è la mancanza di risorse economiche – sottolinea il presidente Sip -. La salute mentale necessiterebbe di un investimento pari almeno al 5% dei finanziamenti dedicati all’intero Sistema Sanitario Nazionale. E, invece, arrivando a malapena a 3 punti percentuali, è difficile garantire personale numericamente adeguato ed orari di apertura che possano soddisfare il bisogno di salute dei cittadini».
Aumentare gli investimenti oggi permetterebbe di risparmiare domani: «Intervenire prima che le patologie diventino troppo gravi o croniche rappresenta sicuramente un risparmio di risorse, umane ed economiche, per il Sistema Sanitario Nazionale. È impensabile avere a disposizione efficaci strumenti farmacologici, terapeutici e riabilitativi e non poterli utilizzare a causa di carenza di risorse o per uno stigma ancora troppo radicato», dice Zanalda. Negli ultimi anni, poi, la chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari ha peggiorato ulteriormente la situazione. «Un numero considerevole di rei a cui è stato riconosciuto un vizio totale o parziale di mente è stato riversato nei servizi di salute mentale, aumentando ulteriormente le liste di attesa. Il tutto – evidenza lo psichiatra – con un malcontento generale della magistratura che vorrebbe una presa in carico immediata di questi pazienti. Ma la capienza delle strutture va rispettata: sovraccaricarle significherebbe non poter più garantire trattamenti adeguati. E queste persone vanno curate, non semplicemente custodite».
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato