Secondo le stime di FIMP negli ultimi due anni i tentativi di suicidio sono in media uno al giorno con un incremento del 75%, mentre oltre 100 mila i casi di Hikikomori. Maisano (Psicoterapeuta Casa Pediatrica): «Hanno un contatto esterno solo attraverso internet e noi li agganciamo così»
È allarme sociale per i tentativi di suicidio tra i giovani. Secondo le stime presentate dalla Federazione Italiana Medici Pediatri durante l’ultimo congresso scientifico tenutosi nei giorni scorsi a Riva del Garda è emerso che sono in media uno al giorno e che l’aumento tra i giovani si attesta nell’ordine del 75% negli ultimi due anni. Si tratta di una vera e propria emergenza denunciata da medici pediatri e registrata anche da psicologi e psicoterapeuti.
Alla Casa pediatrica del Fatebenefratelli Sacco di Milano Francesca Maisano, psicologa e psicoterapeuta, da anni lavora a fianco delle famiglie per aiutare i bambini e gli adolescenti ad uscire dal tunnel della depressione, dei disturbi alimentari e dall’isolamento sociale. «Durante il lockdown è stato chiesto ai giovani di non vivere, una condizione che ha peggiorato un malessere che già covava da tempo, ben prima della pandemia da Covid – puntualizza la psicoterapeuta -. Diciamo che là dove esisteva una situazione di fragilità si è creata una voragine ed oggi è necessario correre ai ripari. Le motivazioni che spingono un adolescente, per lo più femmine, a tentare di togliersi la vita sono molteplici, dalla profonda angoscia che li pervade, fino a manifestazioni di ansia che non riescono a gestire e diventano intollerabili. Ogni caso poi è una storia a sé».
Comprendere quando un adolescente è a rischio – la fascia di età più colpita secondo le stime di FIMP è tra i 9 e i 17 anni – rappresenta la prima sfida da vincere. «Quando i ragazzi iniziano ad avere difficoltà ad andare a scuola, a relazionarsi con gli adulti e con i loro pari, trascorrono troppe ore nella loro stanza isolandosi dall’ambiente che li circonda, occorre alzare il livello di allerta e contattare uno specialista – spiega Maisano – perché il rischio che si inneschi un meccanismo di autodistruzione e di isolamento è molto alto».
Se i tentativi di suicidio infiammano la cronaca e rappresentano la massima espressione del malessere di una generazione, esiste poi un sottobosco che sfocia in isolamento sociale. Sono i cosiddetti Hikikomori, oltre 100 mila casi segnalati, una generazione di ragazzi tra i 15 e i 18 anni, nell’87% dei casi maschi, che esprimono una pulsione all’isolamento fisico, continuativa nel tempo. «Il ritiro sociale degli Hikikomori avviene in maniera graduale – analizza la psicologa della Casa Pediatrica – e si innesca su uno stato di ansia e di senso di inadeguatezza che spesso li accompagna e diventa la reazione alla pressione sociale a cui la società odierna li sottopone. In questa fase abbandonano completamente la scuola e si allontanano da tutti i contatti rifugiandosi spesso nella rete e nei socialnetwork».
Internet non è dunque la causa del disagio, ma un effetto, e probabilmente l’unica forma di interazione accettata da chi soffre. «Per aiutarli ad uscire dall’isolamento, perciò, dopo aver cercato un dialogo con i famigliari per capire bene le dinamiche che hanno portato il giovane all’isolamento – analizza la specialista – li agganciamo con la telemedicina, perché hanno un dialogo esterno solo attraverso uno schermo e noi li contattiamo così. Il passo successivo è conquistare la loro fiducia». Il lavoro è tanto e i tempi sono lunghi «ci vogliono più di tre anni per uscire dal buco nero in cui sono scivolati», ammette Maisano.
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato