«Lo Spallanzani cura da 80 anni malati con patologie sempre diverse e lo fa attraverso strategie di cura e tecnologie diagnostiche sempre nuove e avanzate. Il tutto sempre nella massima attenzione delle persone e affrontando malattie anche molto delicate attraverso la massima attenzione etica». Lo ha dichiarato ai nostri microfoni il Professor Giuseppe Ippolito, Direttore Scientifico dell’ “Istituto Spallanzani”
«Questo Istituto ha avuto ed ha un ruolo sociale molto importante, e lo ha dimostrato nella gestione di tutte le emergenze, in particolare nell’epatite e nelle tossicodipendenze. Accogliamo tutti, i diseredati, gli ultimi, gli immigrati, quelli che nessuno vuole. Le patologie che hanno bisogno di un lungo ricovero, quelle che non troverebbero spazio né nelle case né nelle società». Lo ha detto il direttore generale dell’Istituto nazionale per le malattie infettive ‘Lazzaro Spallanzani di Roma, Marta Branca, in occasione della celebrazione degli 80 anni dell’ospedale che si è svolta oggi nella Capitale. «Da sempre – ha ricordato Branca – siamo in prima linea per la lotta alle emergenze sanitarie e sociali delle grandi malattie infettive, che cambiano nel corso degli anni. Adesso siamo protesi ancora ad occuparci di Ebola, specialmente nei paesi in cui è ancora presente, in particolare Sierra Leone, e siamo pronti alle grandi emergenze che possono capitare. In questa fase – ha aggiunto – ci stiamo occupando in maniera particolare del morbillo e della tubercolosi, per i quali c’è stata una recrudescenza, in particolare nelle Regione Lazio, ma siamo anche impegnati per migliorare le prospettive di umanizzazione di questo ospedale: abbiamo un grande progetto di barriere architettoniche, sia per le persone portatrici di handicap sia per i non vedenti, e vorremmo creare dei percorsi agevolati e una migliore accoglienza ai luoghi di cura per queste persone».
Il Dg dello Spallanzani ha voluto sottolineare l’impegno dell’Istituto nel campo della ricerca, che lo rende punto di riferimento fondamentale del sistema sanitario laziale: «Il nostro impegno è ancora sul piano della ricerca applicata all’assistenza. I nostri ricercatori non fanno ricerca teorica, ma trovano delle metodologie che consentono poi la cura delle patologie. Naturalmente continuiamo il nostro impegno su tutti gli altri fronti su cui siamo già eccellenza, come l’Aids, di cui siamo centro di riferimento, e per tutte le altre patologie infettive che mano a mano si vengono presentando». Branca ha poi evidenziato l’accoglienza e l’umanità riservata a tutti gli ospiti dell’ospedale da parte degli operatori sanitari dello Spallanzani: «I nostri pazienti sono particolari, perché spesso e volentieri sono persone che vivono un disagio sociale, per cui il nostro personale è addestrato non solo dal punto di vista delle competenze mediche, ma anche dal punto di vista dell’accoglienza e dell’umanità”. “Da noi vengono persone che non hanno neanche il pigiama, quindi è fondamentale avere personale in grado di far fronte a queste emergenze, alle esigenze di queste persone che sono sole, e hanno bisogno di tutto. Nei nostri reparti si crea come una seconda famiglia, tant’è vero che poi questi pazienti ritornano e cercano gli stessi infermieri e medici che li hanno curati», conclude il Dg, che ha voluto ringraziare le Istituzioni che nel corso degli anni «hanno saputo modulare la propria azione fornendo allo Spallanzani l’attenzione che meritava».
Il Direttore Scientifico Ippolito: «Ecco quali saranno le nostre prossime sfide…»
«Lo Spallanzani cura da 80 anni malati con patologie sempre diverse e lo fa attraverso strategie di cura e tecnologie diagnostiche sempre nuove e avanzate. Il tutto sempre nella massima attenzione delle persone e affrontando malattie anche molto delicate attraverso la massima attenzione etica». Lo ha dichiarato ai nostri microfoni il Professor Giuseppe Ippolito, Direttore Scientifico dell’ “Istituto Spallanzani”, che ha aggiunto: «Siamo stati in prima fila nella lotta ad Ebola e continuiamo a farlo: stiamo completando lo studio dei sopravvissuti in Sierra Leone e andremo in Congo per l’epidemia. Siamo già stati in Congo un anno fa per la febbre gialla e la situazione è davvero drammatica». Ma quali sono le sfide che l’Istituto deve affrontare nei prossimi anni per mantenere alto il livello dei suoi interventi? «Dovremo vedercela con la resistenza agli antibiotici, la diffusione dei virus, sviluppare un modello per identificare velocemente le malattie e utilizzare al meglio le strutture di laboratorio. Saranno queste le scommesse che l’Istituto dovrà affrontare ma ha le persone giuste per farlo».