Gli anticorpi monoclonali possono rappresentare la soluzione più imminente al COVID-19? Attualmente sono 3 i laboratori in fase avanzata, di ampia sperimentazione sull’uomo (cosiddetta Fase 3): la Regeneron/NIAID, con due anticorpi (REGN10933 e REGN10987), la Eli Lilly (con Ly-CoV555), e la Vir Biotechnology (VIR-7831 e VIR-7832)
Gli anticorpi monoclonali sono una “copia”, riprodotta in laboratorio, degli anticorpi naturali presenti nell’organismo. I vaccini di solito impiegano alcune settimane per avere un effetto, mentre gli anticorpi neutralizzanti colpiscono immediatamente il flusso sanguigno. La differenza tra anticorpi monoclonali e plasma-terapia è che non c’è una trasfusione di plasma in vivo, prelevato da pazienti guariti e iniettato nei COVID-19 positivi. In una sacca plasmatica di questo tipo possono essere presenti anche 4.000 tipi di anticorpi. Invece, nel caso degli anticorpi monoclonali, si adotta tutt’altra strategia: prima si seleziona un “candidato” anticorpo, detto “neutralizzante”, per la sua capacità di disarmare Sars-CoV-2; dopo di che si clona e si moltiplica in laboratorio, per iniettarlo nei pazienti malati od anche per profilassi pre-contagio, in persone a rischio come anziani od operatori sanitari.
La redazione di Sanita Informazione ha contattato la responsabile della Regeneron, Alexandra Bowie, la quale ci ha confermato che «la somministrazione di REGN-COV2 nella prova RECOVERY dovrebbe iniziare nelle prossime settimane. Non possiamo ancora fornire una tempistica per i risultati di tale sperimentazione, in quanto dipenderà dal ritmo di iscrizione e dal decorso del virus nel Regno Unito».
Va anche detto che per arrivare alla Fase 3 «il farmaco è già stato somministrato ai pazienti e ai partecipanti a tre studi clinici in fase avanzata condotti da Regeneron, tutti iniziati a giugno. Per il primo di questi studi ci aspettiamo dati precoci entro la fine di settembre».
La Regeneron Pharmaceuticals ha annunciato il 14 settembre che RECOVERY (Randomized Evaluation of COVID-19 therapy), uno dei più grandi studi clinici randomizzati al mondo di potenziali trattamenti COVID-19, valuterà il cocktail di anticorpi antivirali sperimentali di Regeneron. La sperimentazione è coordinata dai ricercatori dell’università di Oxford, che stanno lavorando con i team clinici di 176 ospedali, in tutta la Gran Bretagna. Lo studio valuterà l’impatto dell’aggiunta di REGN-COV2 al consueto standard di cura, e ne valuterà l’impatto sulla mortalità a 28 giorni dall’inoculazione. Si prevede che almeno 2.000 pazienti saranno assegnati in modo casuale a ricevere REGN-COV2.
Anche Vir Biotechnology e GlaxoSmithKline, raggiunti telefonicamente dalla nostra redazione, hanno rivelato che hanno somministrato l’anticorpo monoclonale VIR-7831 (noto anche come GSK4182136) al primo paziente, di Fase 3. La Vir – azienda farmaceutica di San Francisco -, ha risposto alla nostre domande, puntualizzando che «il primo paziente dello studio clinico di Fase 2/3 del VIR-7831 è stato somministrato il 27 agosto 2020».
Si entrerà nel pieno della fase avanzata a breve: «La parte di Fase 3 dello studio inizierà nell’ottobre 2020. Questa fase di espansione valuterà la sicurezza e l’efficacia di una singola infusione endovenosa di 500 mg di VIR-7831 o placebo in circa 1.300 partecipanti non ospedalizzati in tutto il mondo. L’endpoint di efficacia primaria è la percentuale di pazienti con COVID-19 lieve o moderato che peggiorano, come definito dalla necessità di ospedalizzazione o morte, entro 29 giorni dalla randomizzazione».
L’azienda ci precisa che «i dati completi sono previsti per gennaio 2021, e potenzialmente l’accesso al trattamento anticorpale già nella prima metà del 2021».
Infine, la Eli Lilly, terzo big pharma in corsa, ha avviato lo studio di Fase 3 sul suo anticorpo candidato LY-CoV555, per la prevenzione delle infezioni in contesti di assistenza a lungo termine. Eli Lilly ha riportato – il 16 settembre – i risultati intermedi di un test sull’uomo.
L’azienda ha avviato la sperimentazione in cui ha somministrato un placebo o l’anticorpo, chiamato LY-CoV555, a 452 pazienti. Non si trattava di persone gravemente ammalate, ma di pazienti con sintomi lievi o moderati che erano risultati positivi per SARS-CoV-2 e non erano stati ricoverati in ospedale. Solamente 5 dei 302 pazienti che hanno ricevuto il farmaco sono stati ricoverati in ospedale, l’1,7%. Ma 9 dei 150 pazienti trattati con “placebo” sono finiti in ospedale – 6% – il che significa che c’era un rischio ridotto del 72% di essere ricoverati per i pazienti che hanno ricevuto l’anticorpo rispetto a quelli che hanno ricevuto un placebo.
Il farmaco non ha prodotto effetti collaterali gravi, riferisce la società. «Poiché questi sono i primi dati clinici che abbiamo visto sugli anticorpi neutralizzanti, trovo i risultati abbastanza incoraggianti, per la mancanza di problemi di sicurezza e segni di supporto – non definitivi, in alcun modo – di efficacia», afferma Eric Topol, cardiologo che dirige lo Scripps Research Translational Institute.
«Questa classe di farmaci è per la prevenzione, il trattamento precoce e l’uso negli ospedali prima che i pazienti si ammalino in modo critico. La sperimentazione Lilly è in corso, con l’obiettivo di arruolare un totale di 800 pazienti, e include un altro anticorpo Lilly, LY-CoV016, che si lega a un diverso target sulla proteina spike del virus».
Dan Skovronsky, direttore scientifico dell’azienda statunitense, ha comunicato che la società spera di discutere, quanto prima, una possibile autorizzazione per l’uso di emergenza con la FDA.
In Italia ad occuparsi di anticorpi monoclonali c’è il team di ricerca MAD Lab presso la Fondazione TLS (Fondazione Toscana Life Sciences). Il Progetto “MabCo19”, avviato in collaborazione con l’Istituto di Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani, ha portato alla selezione di 3 anticorpi (a partire da più di 4000 candidati) identificati a partire dal sangue di pazienti convalescenti o guariti, per l’impiego a scopo profilattico/terapeutico ma anche – collateralmente – come esca molecolare per la scoperta dell’antigene per lo sviluppo di un futuro vaccino.
L’approccio sperimentale seguito è quello della Reverse Vaccinology 2.0, che rappresenta l’evoluzione della prima strategia Reverse Vaccinology ideata dal professor Rino Rappuoli. La sperimentazione è iniziata a marzo 2020: entro 6 – 8 settimane gli anticorpi monoclonali selezionati in Toscana potranno essere inoculati a pazienti volontari per valutarne efficacia, tollerabilità e sicurezza.
Uno degli interrogativi sui “monoclonali” è quanto duri la loro “copertura” immunitaria. La stabilità degli anticorpi, in questo tipo di trattamento, dovrebbe proteggere per circa 3 settimane, anche se gli anticorpi ingegnerizzati al MAD Lab potrebbero estendere la loro vita e persistere fino a 6 mesi.
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