Sono perennemente preoccupati di sviluppare una malattia mortale che, alla fine, muoiono davvero prima degli altri. Secondo un nuovo studio condotto dal Karolinska Institutet, pubblicato su JAMA Psychiatry, chi vive la propria vita con l’ansia quotidiana di ammalarsi e che interpreta quasi ogni normale sensazione corporea come il segnale di una malattia, vive 5 anni in meno rispetto agli altri
Sono perennemente preoccupati di sviluppare una malattia mortale che, alla fine, muoiono davvero prima degli altri. Per gli ipocondriaci è quasi come una profezia che si auto-avvera. Almeno secondo un nuovo studio condotto dal Karolinska Institutet, pubblicato su JAMA Psychiatry. I risultati mostrano infatti che chi vive la propria vita con l’ansia quotidiana di ammalarsi e che interpreta quasi ogni normale sensazione corporea come il segnale di una malattia, appunto gli ipocondriaci, vive 5 anni in meno rispetto agli altri. Lo studio ha coinvolto 42mila persone, mille dei quali con ipocondria, e tutte monitorate per 20 anni.
I risultati dello studio hanno mostrato che le persone ipocondriache hanno vissuto in media fino a 70 anni, mentre gli altri hanno vissuto fino a 75 anni, ben 5 anni in più. I pazienti con ipocondria avevano anche una probabilità quasi quattro volte maggiore di morire per suicidio e avevano un rischio più elevato di morte per malattie respiratorie come influenza e Covid, così come di problemi circolatori o neurologici. Secondo i ricercatori l’associazione tra ipocondria e mortalità precoce non può essere spiegata con la “paura della scoperta”, cioè con la tendenza delle persone preoccupate di ammalarsi di evitare di andare dal medico, rischiando così diagnosi ritardate. Invece, hanno affermato che il perpetuo stato di preoccupazione – che può essere innescato da sensazioni normali come sudorazione o gonfiore – porta ad uno stato di stress cronico, una causa nota di problemi di salute fisica.
Secondo i ricercatori, lo stress e l’ansia possono innescare il rilascio di sostanze chimiche che provocano un aumento dei livelli di infiammazione in tutto il corpo. In effetti, sono stati condotti in passato diversi studi che hanno collegato l’infiammazione a lungo termine a una serie di problemi, tra cui un sistema immunitario indebolito, che di conseguenza rende il corpo meno capace di combattere infezioni e malattie. “L’ipocondria potrebbe innescare la produzione in eccesso di cortisolo, l’ormone dello stress, che a sua volta può causare danni che possono effettivamente aumentare il rischio di mortalità”, conferma Pasquale Romeo, docente di Psicologia dell’Università Dante Alighieri di Reggio Calabria.
“Lo stress, anche quello auto-indotto, può alterare il sistema neurochimico e indurre la produzione di sostanze endogene come il cortisolo. Livelli cronicamente elevati di cortisolo, ad esempio, possono alzare il colesterolo e alterare i vasi, condizione compatibile con un problema vascolare che può rivelarsi anche fatale”, aggiunge. La pandemia, quindi, potrebbe aver aumentato il problema. “Il Covid ha slatentizzato e fatto da amplificatore a quello che avevamo dentro noi stessi”, conferma Romeo. “Bisogna dunque lavorare su sé stessi perchè ciò che succede nella nostra mente può avere un impatto importante anche sul corpo”, conclude.
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