Il nuovo passepartout non “libera tutti” ma scontenta molti. Ricciuto (SIMEU): «Noi vaccinati per primi, avremo le mani legate nei mesi estivi»
Con le riaperture del 26 aprile fa il suo esordio anche il Green Pass o Certificazione verde Covid-19, il documento che, al di fuori dei casi per cui è ancora sufficiente l’autocertificazione, permette di muoversi liberamente tra una regione e l’altra, anche di colori diversi. Viene rilasciato a coloro che sono già stati vaccinati, che sono stati dichiarati guariti dal Covid-19 negli ultimi sei mesi o che sono risultati negativi a un tampone nelle precedenti 48 ore.
La misura, introdotta dal nuovo decreto anti-Covid, ha una validità di sei mesi e ha già posto in essere molti interrogativi sollevando altrettante criticità. Intanto perché, a partire dal mese di agosto, in Italia coesisterà una parte di popolazione vaccinata ma con Green Pass in scadenza (gli operatori sanitari, la maggior parte dei quali ha ricevuto la seconda dose entro la fine di febbraio), e una quota ancora da vaccinare con le prime dosi. Il tutto nel pieno del periodo estivo, da sempre caratterizzato da una grande mobilità, e che mai come quest’anno, dopo tanti mesi di restrizioni, vedrà una vasta categoria di soggetti in attesa di spostarsi per le ferie. Ne abbiamo parlato con Giulio Maria Ricciuto, presidente SIMEU Lazio (Società Italiana Medicina Emergenza Urgenza).
«Nonostante le evidenze scientifiche dimostrino che l’immunità post-vaccino, relativamente allo sviluppo della forma grave di Covid-19 e in buona parte anche dell’infezione, duri almeno 9 mesi – afferma Ricciuto – la durata del Green Pass è di un semestre». Si inizia allora a ipotizzare una possibile terza dose tarata sulle nuove varianti agli operatori sanitari, da somministrare tra ottobre e novembre, su cui il commento di Ricciuto è netto: «Oltre a non avere, al momento, alcuna evidenza chiara sull’efficacia di una terza dose, il richiamo al personale sanitario, ed eventualmente poi agli over 80 e ai soggetti fragili, significherebbe rallentare le vaccinazioni degli italiani che ancora non sono stati immunizzati».
«Questo gap di tre mesi tra immunità e scadenza del Green Pass, oltre a rimarcare una certa miopia scientifico-sanitaria da parte di chi ha concepito la normativa in questione – aggiunge -, pone inoltre un problema di ordine pratico e organizzativo. Nel bel mezzo della stagione estiva, ci ritroveremo con il personale sanitario in difficoltà a spostarsi per le ferie a causa del Green Pass scaduto». Dovranno infatti sottoporsi al tampone nelle 48 ore precedenti la partenza.
Ma a detta di Ricciuto la scadenza del Green Pass può avere anche un ulteriore risvolto: «Ha senso non darmi il certificato per viaggiare in quanto vaccinato ma permettermi di continuare a lavorare in prima linea nei reparti Covid e a stretto contatto con pazienti fragili? Se la mia immunità è “scaduta” per viaggiare, allora non dovrei nemmeno lavorare in ospedale. Mi sembra una situazione demenziale».
«Un eventuale dosaggio anticorpale per valutare il livello della propria immunità residua ai fini della proroga del Green Pass sarebbe un procedimento innanzitutto inapplicabile su larga scala – osserva Ricciuto -. Ma soprattutto, il semplice dosaggio delle immunoglobuline non consente valutazioni univoche in tal senso, perché se è vero che un dosaggio alto attesta l’immunità, un dosaggio basso non significa che questa immunità sia giunta al termine, perché ci sono altri fattori da considerare, ma lascerebbe comunque spazio ad interpretazioni (e ansie) soggettive. Ad oggi – ribadisce – sappiamo che per 9 mesi la copertura è efficace».
«Intanto bisogna stabilire il tipo di test da utilizzare, per quali pazienti, e in quali condizioni. I test molecolari e i test antigenici di terza generazione – afferma Ricciuto – hanno un’attendibilità molto superiore rispetto ai test antigenici di seconda generazione, che hanno a loro volta un’attendibilità maggiore su un paziente sintomatico rispetto a un asintomatico. Il problema – osserva – è che saranno perlopiù questi ultimi a volersi spostare per le ferie, aumentando le probabilità di dare il via libera a soggetti risultati negativi, ma che in realtà non lo sono».
«Sugli asintomatici – spiega Ricciuto – si dovrebbe procedere esclusivamente con i test molecolari o antigenici di terza generazione, fermo restando che anche utilizzando questo tipo di tamponi, anche per il fatto che alcune nuove varianti possono non essere rilevate dal tampone, una piccola percentuale di falsi negativi ci sarà. E – conclude – sarà quella, per intenderci, che potrebbe seminare il panico in luoghi come le navi da crociera».
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