Appena il 10% delle località turistiche italiane coperte dal servizio: disagi per i turisti e turni massacranti per i medici in servizio. Scotti (Fimmg): «Cartina al tornasole delle lacune del Ssn»
Sole, mare, relax. Ma attenzione, badate bene a non avere bisogno di cure mediche. Chi, suo malgrado, si è trovato, durante le vacanze, a dover ricorrere alla guardia medica ha avuto modo di constatare in prima persone che si tratta di un servizio ormai in via d’estinzione.
Non è proprio una scoperta sensazionale: è infatti arcinoto che solo il 10% delle località italiane meta di vacanze mettano a disposizione, attraverso le Asl, questo particolare servizio.
Perché? La crisi economica resta la principale causa, ma si ravvisano ad ogni modo anche criticità organizzative e gli immancabili bracci di ferro tra Regioni e Comuni: spesso i sindaci trovano muri invalicabili di fronte alle loro rivendicazioni, nonostante la legge preveda espressamente che deve essere garantita la presenza di un medico sempre in servizio ogni 5mila abitanti. Ma nelle località turistiche ai residenti si sommano i villeggianti.
Che siano centinaia o migliaia, quando viene meno l’indispensabile filtro della guardia medica, finiscono – ovviamente in proporzioni differenti – per alterare gli equilibri e soprattutto ad intasare il pronto soccorso, spesso già al limite con personale ridotto all’osso costretto a sopportare quei turni massacranti, che nonostante il veto della direttiva europea 2003/88, sono diventati una routine oltre che un’arma a doppio taglio: da una parte si costringe il personale a lavorare sotto pressione, allo stremo delle forze senza poter escludere errori umani provocati dalla stanchezza; dall’altra si espone lo Stato inadempiente ad una nuova ondata di ricorsi e di conseguenza all’ennesimo salasso per le già martoriate casse pubbliche.
Per la Federazione dei Medici di medicina generale (Fimmg) il caso delle guardie mediche turistiche rappresenta «Un vero e proprio paradosso in un Paese a vocazione turistica, dove però praticamente non si investe nell’assistenza sanitaria per gli ospiti». A denunciarlo all’Adnkronos Salute, è Silvestro Scotti, vicesegretario della Federazione che racchiude i medici di famiglia, parlando di «un tallone d’Achille del sistema di cure primarie».
Turisti e villeggianti, spesso anziché ricorrere al pronto soccorso (magari anche dopo aver atteso per ore, invano, in sala d’attesa) ricorrono a cure “fai da te” o in alternativa ad un consulto privato. Capita anche, però, che laddove sia garantito, il servizio sia inadeguato: poco personale, sedi disagiate e per di più male attrezzate.
«In realtà – spiega ancora Scotti – la guardia turistica così come siamo abituati ad immaginarla, con un singolo medico incaricato dell’ambulatorio, non dovrebbe esistere più dal 2005. Le Asl dovrebbero organizzare l’assistenza turistica con i medici delle cure primarie già disponibili nell’area per le 24 ore, potenziando dove serve. Ma si tratta di regole inapplicate». Per il vice-segretario della Fimmg, comunque, «sarebbero necessarie indicazione più precise anche nel contratto. Ciò renderebbe più facile l’organizzazione del servizio. Il buco dell’assistenza turistica, comunque, è la cartina di tornasole di una mancanza di attenzione più generalizzata alle cure primarie che dovrebbero rappresentare – non solo a parole – la spina dorsale del sistema».