L’esperto di Big Data del Gemelli: «Le app per smartphone raccolgono dati della vita reale, non reperibili in ambulatorio o ospedale. Necessario perfezionare personalizzazione e tutela della privacy»
Contano i passi, misurano la frequenza cardiaca, prendono nota delle attività quotidiane. Sono le health app per smartphone, applicazioni apparentemente ordinarie, che invece possono rappresentare un valore aggiunto per il monitoraggio dello stato di salute di un individuo. «Tanto che in Francia e Germania sono annoverate tra i dispositivi medicali prescrivibili e mutuabili dal Sistema Sanitario Nazionale», spiega Vincenzo Valentini, direttore del dipartimento di Diagnostica per Immagini, Radioterapia Oncologica e Ematologia e vice-direttore scientifico della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS con delega ai Big Data.
Un’innovazione di cui, tra non molto, potranno beneficiare anche i pazienti italiani. «La digital therapy – continua il professore – è un settore in via di espansione. Esperti del settore, sia in ambito pubblico che privato, stanno lavorando per poter fornire questo servizio anche in Italia. L’iter dovrà, poi, essere completato dall’approvazione di una legge ad hoc».
Come per tutte le nuove tecnologie, anche l’utilizzo di health app per smartphone (quelle per tablet e pc sono generalmente più complesse) ha dei benefici, ma anche delle criticità.
Partiamo dalle buone notizie. «I dati che queste applicazioni sono in grado di raccogliere, attraverso un dispositivo tascabile, sono informazioni che sarebbe impossibile reperire in ambulatorio o durante un ricovero ospedaliero. Si tratta, infatti – aggiunge Valentini – di un monitoraggio che avviene durante le attività quotidiane del paziente, senza risultare invasivo come il bracciale dell’holter pressorio o gli elettrodi per la frequenza cardiaca».
Chi utilizza queste applicazioni, inoltre, è di solito più incline all’utilizzo dei social anche per confrontare le sue “performance” raccolte attraverso l’utilizzo delle app con quelle di altre persone che soffrono della medesima malattia. «L’interazione tra pazienti può migliorare l’efficacia del trattamento in corso. È stato dimostrato – sottolinea l’esperto di Big Data – che coloro che fanno molto uso dei social per condividere esperienze, dubbi, stati d’animo, hanno meno effetti collaterali durante la somministrazione di alcune cure, come ad esempio quelle per il trattamento delle patologie oncologiche».
Affinché le applicazioni possano essere sfruttate appieno è necessario che siano facilmente fruibili. «Devono poter essere personalizzate a seconda delle differenze culturali e del diverso grado di alfabetizzazione informatica di chi le utilizza», dice Valentini. Soprattutto, il paziente deve sentirsi al sicuro, essere correttamente informato sulle finalità di utilizzo di ogni specifica app e sul grado di tutela della privacy che quella applicazione è capace di assicurare.
La sicurezza dei dati personali inseriti nelle app per smartphone dedicate alla salute è stata oggetto di uno studio condotto dai ricercatori della Macquarie University in Australia e pubblicato sul British Medical Journal. L’analisi ha passato al setaccio oltre 20 mila health app. Il 28% di queste non offre all’utente alcun testo esplicativo sulle politiche per la privacy e almeno il 25% delle trasmissioni di dati dell’utente viola quanto affermato nei testi dedicati ai regolamenti sulla privacy. L’88% delle app può avere accesso e potenzialmente scambiare dati dell’utente.
Si spera che le problematiche relative alla tutela della privacy possano essere presto affrontate e superate, soprattutto a seguito della recente entrata in vigore del Nuovo Regolamento Europeo sui dispositivi medici. «Le applicazioni dedicate alla salute sono entrate a far parte della categoria dei dispositivi medicali e, come tali, dovranno essere adeguate alle normative vigenti», spiega il professore.
Ovviamente, creare un’applicazione ed utilizzarla non è sufficiente a garantirne la reale utilità. «L’efficacia delle health app dovrà essere valutata attraverso specifiche ricerche, così da eliminare tutto ciò che risulterà superfluo. È importante, soprattutto quando si tratta di salute, superare l’attrazione per tutto ciò che è alla moda. Trendy non è sinonimo di beneficio».
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