A Roma convegno per fare il punto su diffusione, cura e prospettive della lotta all’HIV. Lazzarin (San Raffaele): «La prova dell’efficacia del nuovo vaccino la potremo avere solo a studio concluso. La complessità e variabilità dei processi di risposta immune innescati da HIV (linfociti B, linfociti T, cellule accessorie) nel singolo individuo lasciano purtroppo margini di imprevedibilità»
Da anni scienziati e ricercatori lavorano a quella che a lungo è sembrata una utopia: un vaccino che possa prevenire il virus dell’HIV. Sebbene sia ora possibile tenere la malattia sotto controllo, l’AIDS resta un avversario temibile e subdolo: quando comincia a manifestarsi spesso la malattia è già in stato avanzato. Per questo sono fondamentali le campagne di prevenzione. Di tutto questo si è parlato al convegno “HIV – Presente e futuro del paziente cronico. Approccio, Progresso, Prevenzione” all’Auditorium Cosimo Piccinno del Ministero della Salute con esperti e autorità per fare il punto sulla situazione.
Negli ultimi 7 anni in Italia il numero di nuove diagnosi è stato piuttosto stabile, e i nuovi casi sono state provocati soprattutto da infezioni a trasmissione sessuale, sia di tipo sia eterosessuale sia omosessuale. Più del 50% delle nuove diagnosi avviene in condizioni avanzate di malattia, cioè quando il livello di linfociti CD4 è al di sotto delle 350 cellule, o addirittura alla comparsa di sintomi o manifestazioni cliniche legate alla malattia conclamata. Il dato più critico è che sono ben 15mila i pazienti stimati con HIV ignari di avere il virus.
La novità è lo studio clinico Mosaico realizzato da Janssen, la società farmaceutica del gruppo Johnson&Johnson si propone di valutare l’efficacia di un regime vaccinale preventivo anti HIV per il quale è già stata richiesta alle autorità competenti (Ministero Salute, AIFA e Comitati Etici) l’autorizzazione all’esecuzione dello studio clinico.
Il vaccino sperimentale ha raccolto i risultati degli studi di fase 1/2a in termini di sicurezza ed immunogenicità e si appresta ad esser sperimentato all’interno di una popolazione più ampia. Il regime vaccinale in questione, che possiamo definire “a mosaico”, è stato sviluppato per essere potenzialmente un vaccino con approccio globale per la prevenzione dell’infezione da un’ampia varietà di ceppi virali, responsabili della malattia. A presentarlo l’Amministratore Delegato di Janssen Italia Massimo Scaccabarozzi.
«La prova della sua efficacia – spiega il Prof. Adriano Lazzarin, Primario malattie infettive ospedale San Raffaele, Milano – la potremo avere solo a studio concluso. La complessità e variabilità dei processi di risposta immune innescati da HIV (linfociti B, linfociti T, cellule accessorie) nel singolo individuo lasciano purtroppo margini di imprevedibilità, e questo trial sarà una buona opportunità per conoscerli meglio».
LEGGI ANCHE: HIV, NEL 25% DEI CASI STIMATI IL VIRUS PROVOCA DISTURBI DI TIPO COGNITIVO. IN 2 CASI SU 3 DI TIPO ASINTOMATICO
Il convegno, promosso dalla SIMIT, Società Italiana di Malattie infettive e tropicali, ha avuto un ampio ‘preambolo’ istituzionale con alcuni dei protagonisti del mondo politico e istituzionale. «Negli ultimi anni si è parlato poco e male di AIDS. È fondamentale potenziare la profilassi – ha sottolineato il Vice Ministro alla Salute Pierpaolo Sileri -. Il Ministero continuerà a fare campagne di informazione, presto si doterà di un canale Instagram. Sarebbe fondamentale avere un nuovo vaccino. È da quando si parla di HIV e di AIDS che si parla di vaccino. Sarebbe la rivoluzione del secolo avere un vaccino contro la diffusione di una malattia che nel nostro paese è contenuta come nel resto d’Europa ma pensiamo ad esempio all’Africa». Poi Sileri ha posto l’accento sull’importanza della diagnosi precoce: «Fare una diagnosi precoce è importante per due motivi: la prima per il paziente stesso, perché consente di fare una terapia quanto prima, di consentire a quel paziente di fare una vita sovrapponibile a quella di un paziente non affetto da HAIV, di avere una vita relazione normale, penso a una donna incinta che se sa di avere l’HIV prima di rimanere incinta può fare la profilassi e non trasmetterla al bambino che avrà in grembo. E poi i costi sanitari: è chiaro che una malattia scoperta più avanti porta con sè le complicanze, oltre ai costi dei farmaci antiretrovirali».
Tra i relatori anche la capogruppo M5S in Commissione Senato Maria Domenica Castellone, la senatrice di Forza Italia Paola Binetti, il senatore M5S Gaspare Antonio Marinello, la senatrice della Lega Michelina Lunesu. «La carenza di campagne di sensibilizzazione nelle scuole hanno comportato un aumento dei casi nella fascia di età 15-18 anni. In Italia oltre 15mila persone non si curano perché non fanno il test» ha sottolineato Lunesu.
«Investire in prevenzione è uno dei cardini dell’azione di questo governo e ci sarà un capitolo importante nel Patto della Salute – ha spiegato la senatrice Castellone -. In questi anni troppo casi di ‘untori’ che hanno infettato volontariamente altre persone. Ogni anno 3500 nuove diagnosi, sono troppe Aumentano le diagnosi tra gli over 50. Anche a questa fascia della popolazione va dedicata una informazione precisa e puntuale».
«Ai fini della prevenzione – sottolinea il Prof. Massimo Galli, Presidente SIMIT – va tenuto conto che i giovani, anche quelli che appartengono alle cosiddette popolazioni chiave, ove il rischio di infettarsi è maggiore, come i giovani maschi che fanno sesso con maschi – MSM, hanno poca o nessuna esperienza di malattia, propria o altrui, non hanno visto in presa diretta la malattia negli anni bui, funestati da migliaia di decessi, e hanno una percezione molto bassa della gravità potenziale dell’HIV.Nei giovani MSM l’informazione HIV può anche essere alta, ma spesso deriva tutta da forum in internet e non costituisce sempre un ostacolo a comportamenti a rischio».