La storia di Martina in una lettera al Corriere: «La peggiore estate della mia vita. Non mi perdonerò mai»
Martina si stava divertendo, questa strana estate. Temeva la noia a causa del virus, e invece «era iniziata proprio bene». Aveva comunque deciso di non andare in discoteca o in altri posti al chiuso affollati per evitare il contagio. Poi però è arrivato il giorno del compleanno del suo migliore amico: «Come facevamo a non festeggiare fino a tardi? Decidemmo che per una sera non sarebbe successo niente. Fu l’inizio del film horror che sto vivendo». Perché quella sera Martina è andata in discoteca e ha contratto il Covid-19. Poi lei ha contagiato i nonni, la cugina dodicenne e il padre. Che ora è ricoverato in terapia intensiva, intubato. «Sta lottando con tutte le sue forze, e io non posso vederlo, non posso aiutarlo, non posso ritornare indietro. Non me lo potrò mai perdonare».
È la stessa Martina a raccontare la sua storia in una lettera pubblicata dal Corriere della Sera, sperando che «possa essere utile ai miei coetanei».
Una settimana dopo la serata in discoteca, Martina ha iniziato ad avere sintomi come raffreddore e tosse. «Ho pensato fosse per via dell’aria condizionata», scrive. È andata dal dottore, che però non ha pensato fosse Covid: la tosse era grassa e non secca e non aveva febbre. «Quindi continuai a fare la mia vita normale. Andavo a mangiare al ristorante con papà, giocavo a carte con i nonni e ci mettevamo a guardare la tv tutti insieme sul divano».
«La settimana dopo – racconta Martina – annunciarono che proprio nella discoteca dov’ero andata c’era stata una persona positiva, e tamponarono tutte le persone che erano state lì quella sera. Il risultato del mio tampone: positivo. Fecero il test a tutti i miei familiari. Solo la mamma fu negativa».
Il nonno è finito in ospedale ma è stato dimesso e si sta riprendendo. Martina, la cugina e la nonna non hanno avuto problemi, e dopo quattro settimane chiuse in casa sono tornate negative. «Invece papà no. Siccome stavo bene, lui mi diceva che tanto non era il virus, che non aveva voglia di starmi lontano: “Dai, Marti, che poi ritorni a Madrid e non ci vediamo per tanto tempo”. E anch’io pensavo così, e gli ho dato abbracci e baci». Dopo poco, il ricovero in terapia intensiva.
«Ormai non ho più fame, ma devo sforzarmi di mangiare sennò la mamma sta male – prosegue la lettera -. Non riesco più a fare niente, nemmeno alzarmi dal letto al mattino, però lo faccio, per la mamma e per la nonna. A volte provo a fingere un sorriso per alleviare la loro preoccupazione. I giorni passano veloci, e non me ne accorgo neanche. Ripenso continuamente alla felicità di quella serata, alla sua orribile conseguenza, e prego che papà riesca a superare anche questa. Credevo che l’estate 2020 sarebbe stata solo piena di noia, invece è diventata la peggiore della mia vita».