La ricercatrice: «Persone con disturbo dello spettro autistico, donne e uomini vittime di violenza sessuale e fisica, che rifiutano il contatto fisico, potrebbero trarre giovamento dall’utilizzo della realtà virtuale: sperimenterebbero solo le sensazioni piacevoli, senza il fastidio del tocco reale»
Non vogliono essere abbracciati nemmeno dalla propria mamma o dal proprio papà: i bambini autistici possono percepire come invadente anche un normale contatto fisico. Allo stesso modo, le vittime di violenza fisica o sessuale si mettono sulla difensiva ogni volta che entrano in contatto tattile con l’altro. Fastidi che, oggi, potrebbero essere trattati attraverso l’utilizzo della realtà virtuale: un nuovo studio ha mostrato la capacità della realtà virtuale immersiva di suscitare reazioni reali a tocchi virtuali.
I ricercatori, coordinati da Salvatore Maria Aglioti (Sapienza Università di Roma, Istituto Italiano di Tecnologia, IRCCS Fondazione Santa Lucia) hanno utilizzato la realtà virtuale immersiva inducendo nei partecipanti la sensazione che il corpo virtuale che essi stavano osservando in prima persona fosse il proprio corpo. Una volta indotta questa sensazione, i partecipanti hanno osservato un avatar uomo o donna toccare il proprio corpo virtuale in diversi punti, comprese le parti più intime, come la zona genitale. Martina Fusaro, ricercatrice post dottorato, e Matteo Lisi, studente di dottorato, sono i principali autori dello studio, condotto all’interno del laboratorio di Neuroscienze Cognitive, Affettive e Sociali.
«La realtà virtuale immersiva è uno strumento utilizzato di recente nelle neuroscienze per indagare principalmente le illusioni corporee – spiega Matteo Lisi -. In particolare, sappiamo che ponendo un corpo virtuale nella stessa posizione assunta da chi lo osserva è possibile suscitare l’illusione di incorporamento del corpo virtuale. La realtà virtuale immersiva, infatti, grazie alla sua capacità di coprire tutti gli stimoli della realtà, offre la piena illusione di presenza nell’ambiente virtuale. Abbiamo focalizzato la nostra ricerca sul tocco perché, pur essendo il primo senso sviluppato dall’essere umano e utilizzato fin dalla nascita per interagire con l’altro (soprattutto con la propria madre), è uno dei meno studiati».
Alla ricerca hanno preso parte 84 persone, tra i 18 e i 35 anni, divisi equamente per genere ed orientamento sessuale. «Ad ognuna – continua Lisi – è stato chiesto di giudicare l’appropriatezza, la piacevolezza e l’erogeneità di ogni tocco che l’avatar personalizzato riceveva sulle varie parti del corpo (virtuale)». Oltre alle sensazioni soggettive è stata registrata la reattività fisiologica alla carezza virtuale, indice implicito e non controllabile delle reazioni corporee.
«Questo studio ci ha permesso di verificare che la realtà virtuale può suscitare le stesse sensazioni provate con un tocco reale – continua Martina Fusaro -. Un tocco nelle zone più intime, come il seno o i genitali, è stato considerato generalmente inappropriato, seppur altamente erogeno. L’erogeneità è collegata all’orientamento sessuale del partecipante: gli eterosessuali hanno trovato più erogeno il tocco dell’avatar di sesso opposto, mentre i partecipanti gay e lesbiche quello dell’avatar dello stesso sesso».
I risultati della reattività fisiologica (nello specifico, la conduttanza cutanea), indicano che i tocchi sul corpo dei partecipanti induce sensazioni diverse: in particolare, il tocco proveniente dall’avatar donna induce un innalzamento della reattività quando erogato sulle zone intime. «La distinzione per orientamento sessuale e non per sesso biologico – commenta Lisi – è stato un importante valore aggiunto della nostra ricerca: la maggioranza degli studi condotti finora, infatti, ha mostrato le diverse reazioni al tocco suddividendo i partecipanti solo tra genere maschile e femminile, offrendo una visione stereotipata dell’interazione sociale».
I risultati dello studio rappresentano un importante punto di partenza per nuove sperimentazioni: «Persone con disturbo dello spettro autistico che rifiutano carezze, baci e abbracci, donne e uomini vittime di violenza sessuale e fisica potrebbero trarre un importante giovamento dall’utilizzo della realtà virtuale – spiega Martina Fusaro -. Questi individui potrebbero sperimentare le sensazioni che proverebbero con un tocco reale, senza essere realmente toccati. Una sorta di esperienza intermedia che, eliminando il fastidio che queste persone provano al contatto con l’altro, potrebbe restituire solo una sensazione piacevole».
Al di là delle ipotesi applicative, i ricercatori hanno già programmato lo step successivo: «Nei prossimi mesi inaugureremo un progetto per la riduzione del dolore cronico, come ad esempio quello provocato dalla fibromialgia. Chi soffre di questa patologia – spiega la ricercatrice – percepisce il tocco come fastidioso a causa del dolore diffuso sul corpo. Immergere questi pazienti nella realtà virtuale eliminerebbe il contatto fisico, che potrebbe solo acuire il dolore già provato per la malattia, donando, invece, tutti i benefici che possono derivare da una carezza o da un abbraccio, capaci non solo di consolare – conclude Fusaro – ma anche di alleviare le sofferenze».
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