Salute 10 Marzo 2023 16:04

Ictus: il ruolo delle Stroke Unit e delle nuove tecnologie per aiutare i pazienti

L’Associazione di pazienti A.L.I.Ce promuove la prevenzione dell’Ictus nelle scuole mentre segnali incoraggianti arrivano da uno studio americano sull’impiego della stimolazione elettrica per il recupero post evento

Ictus: il ruolo delle Stroke Unit e delle nuove tecnologie per aiutare i pazienti

Cresce il numero dei cittadini colpiti da Ictus cerebrale, sono oltre 200mila l’anno e non sempre sono anziani. Infatti se nel 75% dei casi si tratta di over 65, molti sono gli under 55 che ogni anno sono colpiti da questa patologia. Si stima che siano circa 12mila. Numeri destinati però a crescere. A lanciare un grido di allarme è A.L.I.Ce, l’associazione di pazienti colpiti da questa malattia che conta in Italia 85 sedi.

Ictus: una malattia non solo per anziani

Ne parliamo con Franco Groppali, presidente di A.L.I.Ce Lombardia. «Occorre sfatare innanzitutto che si tratti di una malattia che colpisce esclusivamente persone anziane – dice, snocciolando numeri – dei 200mila nuovi casi annui, 4200 hanno meno di 45 anni e 10mila meno di 55. Può colpire a tutte le età, addirittura i bambini, anche se per fortuna i casi sono rari, mentre i rischi crescono con l’aumentare dell’età». Dopo i 45/50 anni, dunque, secondo le indicazioni di A.L.I.Ce sarebbe opportuno seguire un corretto stile di vita con un controllo periodico di colesterolo, trigliceridi e carotidi. «È importante evitare che arterie e vene si chiudano – riprende Groppali -. In presenza di Ictus in un minuto muoiono circa due milioni di neuroni. Un danno irreparabile perché sono cellule che non si riproducono».

Come prevenire l’insorgenza dell’Ictus

Per fortuna ci sono dei campanelli di allarme a cui prestare attenzione che l’associazione cerca di fare conoscere perché «la gente sia consapevole dei rischi che corre – rimarca il presidente lombardo – . L’Ictus è una patologia farmaco dipendente e la maggior parte delle persone non lo sa. Così come non sa che negli ultimi anni sono stati fatti dei passi avanti notevoli nell’affrontare le conseguenze che porta». Lo scopo di A.L.I.Ce è quindi di combattere su tutti i fronti l’Ictus cerebrale. Lo fa soprattutto nella prevenzione definita da Groppali «La vittoria più bella contro la malattia», ma anche nella cura e nel post ictus con la riabilitazione.

Attenzione a colesterolo e trigliceridi

«Un corretto stile di vita è la prima regola d’oro da seguire- ripete -. Non fumare e non bere sono due ottimi deterrenti contro la malattia che procura un danno cerebrale causato da una interruzione del flusso di sangue diretto al cervello». Esistono dei segnali che il corpo invia quando è prossima l’insorgenza dell’Ictus: «la bocca storta, la perdita di forza negli arti di destra o sinistra, difficoltà nel parlare, forte mal di testa in caso di Ictus emorragico». Si parla di Ictus ischemico quando, a causa di depositi di grasso a carico delle arterie, si verifica una ostruzione. Quando invece si verifica una rottura dell’arteria si parla di Ictus emorragico ed è la forma più grave che nel 50% dei casi conduce alla morte.

Al sud mancano Stroke Unit

La differenza tra la vita e la morte è spesso racchiusa in pochi minuti. «Occorre giocare d’anticipo, ma se si manifesta l’Ictus è importante agire tempestivamente e portare il paziente in una Stroke Unit che è l’unità attrezzate con tecnologie e farmaci nuovi in grado di arginare subito il danno. Purtroppo mancano le Stroke Unit al sud. E così mentre la Lombardia e in particolare Milano può contare su nove centri all’avanguardia, al Sud non ci sono i percorsi di cura dedicati e dunque i rischi di morire o di avere una qualità di vita compromessa aumentano». La procedura prevede un protocollo da seguire fin dalla chiamata. Quando il 112 capisce che il paziente è stato colpito da Ictus, lo fa portare nell’Ospedale con Stroke Unit dove segue una corsia preferenziale fin dal pronto soccorso. «I risultati sono positivi, ma lo sarebbero molto di più se l’informazione fosse più puntuale e al sud la situazione fosse meno difficile», ribadisce Groppali.

La prevenzione all’Ictus inizia a scuola

A.L.I.Ce va a scuola. Quest’anno per la prima volta l’associazione di pazienti colpiti da Ictus prende parte ad un progetto europeo per insegnare agli alunni delle scuole elementari come riconoscere i segnali della malattia sin dall’esordio. «È importante che i bambini sappiano cosa fare se il nonno durante l’assenza dei genitori si dovesse sentire male -spiega il presidente lombardo di A.L.I.Ce – . Si sono già verificati casi di bambini che hanno salvato il nonno o la nonna per aver chiamato subito il 112. Quindi dobbiamo lavorare in quella direzione per rendere i bambini consapevoli del rischio e pronti ad intervenire nel caso si dovesse presentare una situazione di pericolo per i nonni».

Le prime 24/48 ore fondamentali per la riabilitazione

Aggiungere qualità di vita alla sopravvivenza è l’altro ambito di intervento su cui si stanno concentrando associazioni e medici.  «l’Ictus è una patologia tempo-dipendente – evidenzia Pietro Fiore, presidente di SIMFER, società italiana di medicina fisica e riabilitativa – perché più precocemente si interviene più la persona colpita ha possibilità di riprendersi». La riabilitazione, infatti, dipende molto da come è stato trattato il paziente in ospedale. «Nelle prime 24/48 ore deve essere fatta una valutazione ai fini riabilitativi con un team multidisciplinare: fisiatra, logopedista, fisioterapista, terapista occupazionale e psicologo e deve essere trasferito in un centro di riabilitazione intensiva detto post acuzie ospedaliero con un team adeguato per la presa in carico del paziente».

Speranze dalla tecnologia, lo dice uno studio sperimentale americano

Oggi la tecnologia rappresenta una nuova frontiera di intervento e di speranza per quanti devono affrontare il duro percorso riabilitativo. Lo dimostra uno studio  sperimentale americano, pubblicato sulla rivista Nature secondo cui è possibile recuperare l’uso del braccio grazie alla stimolazione elettrica. Protagoniste due giovani donne che, a due anni dall’intervento acuto, sono state sottoposte a stimolazione elettrica e elettroterapia controllata. «Le aspettative sono tante, le speranze buone, ma occorre considerare che si tratta di un intervento invasivo – fa notare Fiore -. Infatti, viene impiantato  dal neurochirurgo un elettrodo a livello del midollo cervicale. I limiti dello studio sono i costi elevati, i soggetti da selezionare – perché non è un intervento per tutti – e la durata, ovvero se i risultati saranno confermati sul lungo termine». Nel frattempo, la riabilitazione si avvale della telemedicina per un costante controllo del paziente.

Robotica e telemedicina, le nuove frontiere per affrontare l’Ictus

La terapia per la rieducazione dell’arto superiore o dell’arto inferiore può contare oggi anche di una tecnologia robotica avanzata con esoscheletri che aiutano il fisioterapista. La FES, stimolazione elettrica funzionale, è già di uso comune, mentre con la tele riabilitazione i pazienti dimessi possono essere controllati da remoto. Anche l’associazione A.L.I.CE. ha scelto la telemedicina per istruire chi ha problemi di deglutizione nel post Ictus. Si tratta di un progetto pronto a decollare in tutte le sedi regionali dell’associazione dove, con l’ausilio di video tutorial, si insegna al paziente come comportarsi in caso di disfagia.

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