Grassi (neuroscienziato): «La ricerca, per ora basata solo su modelli animali, apre la strada a nuovi interventi di riabilitazione da intraprendere subito dopo il danno, per minimizzare la disabilità post-ictus». Sono già in corso studi sperimentali su pazienti colpiti da ictus ischemico i cui risultati saranno noti nei prossimi due anni
Piccole scariche di corrente indolore sulla testa, da somministrare in tre sedute a distanza di 24 ore della durata di 20 minuti ciascuna, potrebbero accelerare il recupero delle funzionalità motorie di arti paralizzati a seguito di un ictus ischemico.
È questo lo straordinario risultato raggiunto dai ricercatori dall’Università Cattolica, campus di Roma insieme con l’IRCCS San Raffaele. La ricerca pubblicata sulla rivista Stroke, finora condotta esclusivamente su modelli animali, apre la strada a nuovi interventi di riabilitazione da intraprendere subito dopo il danno, per minimizzare la disabilità post-ictus.
«La corrente – spiega Claudio Grassi, direttore del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università Cattolica, campus di Roma, a capo del team che ha condotto la ricerca – viene trasmessa attraverso una stimolazione non invasiva del cervello denominata “stimolazione transcranica a corrente diretta” sulla superficie del cranio. Si tratta di una scarica indolore ed assolutamente innocua in grado di raggiungere, attraverso la superficie della testa, le strutture cerebrali sottostanti e di modificarne l’eccitabilità. Lo studio – sottolinea il professore – è stato condotto su topi colpiti da ictus ischemico e che, quindi, presentavano un’ostruzione di un vaso sanguigno cerebrale».
Per ottenere risultati ottimali è necessario intervenire nella fase sub-acuta, cioè tre giorni dopo l’evento ischemico. «Il trattamento – spiega Grassi – consiste in sessioni singole di stimolazione della durata di 20 minuti per tre giorni consecutivi. In tal modo, così come evidenziato dallo studio, si ottengono evidenze tangibili di “riparazione” del danno ischemico nel cervello di topolini. È verosimile ipotizzare che anche attraverso uno studio condotto sugli esseri umani si otterranno i medesimi risultati».
Per verificare i reali effetti di questa scarica indolore gli scienziati hanno sottoposto a stimolazione “vera” solo un gruppo di animali, sottoponendone ad una “placebo” tutti gli altri: «Solo nel primo gruppo, ovvero quelli sottoposti a stimolazione “vera” nel tessuto vicino alla lesione – spiega Grassi – abbiamo osservato diverse modifiche sia a livello strutturale, sia molecolare, segno dell’effetto della stimolazione. Nei neuroni della corteccia motoria nella zona prossima alla lesione, inoltre, è stato osservato un aumento del numero delle spine dendritiche, strutture essenziali per la comunicazione tra neuroni. Questo potrebbe essere alla base dell’aumentata connettività neurale misurata nello studio, mediante registrazioni simili all’elettroencefalogrammaa».
L’ictus, rappresenta ancora oggi la prima causa di disabilità permanente in tutti i Paesi più avanzati in cui l’età media della popolazione si è allungata. In Italia, l’ictus è la terza causa di morte, dopo le malattie oncologiche e quelle cardio-vascolari, e la prima causa di invalidità. L’ictus ischemico, che rappresenta l’80% di tutti gli ictus, si verifica quando un’arteria che irrora l’encefalo viene improvvisamente ostruita e quindi (nel corso dei minuti/ore successivi), portando alla morte delle cellule nervose da essa nutrite.
Ogni anno si registrano nel nostro Paese circa 200 mila ricoveri dovuti all’ictus cerebrale, di cui il 20% sono recidive. Solo il 25% dei pazienti sopravvissuti ad un ictus guarisce completamente, il 75% sopravvive con una qualche forma di disabilità, e di questi la metà è portatore di un deficit così grave da perdere l’autosufficienza per il resto della loro vita.
«I risultati di queste ricerche aprono la strada a nuove strategie terapeutiche molto promettenti – aggiunge il professor Grassi – che si basano sull’uso combinato di stimolazione transcranica, protocolli standard di riabilitazione ed altri trattamenti innovativi, attualmente oggetto di studio nei nostri laboratori, quali la somministrazione di fattori neurotrofici ottenuti dalle cellule staminali. Grazie a un’azione sinergica operata su target molecolari comuni, la combinazione di questi stimoli potrebbe potenziare notevolmente le capacità di recupero dei pazienti».
Sono già in corso studi sperimentali su pazienti colpiti da ictus ischemico con metodiche di stimolazione a corrente diretta e magnetica transcranica i cui risultati saranno noti nei prossimi due anni. Poiché le apparecchiature impiegate sono di semplice e sicuro utilizzo, non è escluso che, in futuro, i pazienti possano utilizzarli direttamente a casa propria.
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