L’optometrista: «Tra qualche anno potremmo vedere l’effetto della DAD sulla vista degli studenti»
Lockdown e didattica a distanza potrebbero far crescere la percentuale di ragazzi con difetti visivi. Per questo è importante essere consapevoli di come utilizzare in modo corretto i dispositivi digitali. Da questo proposito nasce il nuovo il progetto “Ci vediamo a scuola” promosso dall’Ufficio Scolastico Territoriale di Milano e Città metropolitana, insieme all’Istituto Clinico Scientifico Maugeri. Nato tre anni fa e aggiornato negli ultimi mesi per andare incontro alle esigenze scaturite dall’emergenza Covid, il progetto ha l’obiettivo di «valutare – si legge sul sito – la situazione visuo-oculo-motoria della popolazione scolastica in relazione alle attività didattiche, diffondendo la consapevolezza che le prassi adottate possono avere effetti sulla salute». A curarlo è Idor De Simone, optometrista dell’Istituto clinico Maugeri.
«Recenti studi a livello internazionale sull’impatto dell’uso dei dispositivi digitali, soprattutto da parte dei giovani – si legge ancora sul sito di Regione Lombardia -, evidenziano l’incremento di difetti visivi e disturbi oculomotori. Essi utilizzano anche 4 diversi dispositivi, spesso simultaneamente, per un tempo che raggiunge 14 ore al giorno tra i 16 e i 24 anni (e le 8 ore negli adulti). Il 75% della popolazione digitale soffre di affaticamento agli occhi. Il 70% lamenta mal di testa e dolori al collo e nel 30% si registra una progressione miopica».
«In un momento come questo di chiusura totale, purtroppo i ragazzi, come gli adulti, sono costretti ad usare pc e tablet per un numero di ore molto elevato durante la giornata – continua De Simone -. Tutto questo può creare difetti visivi come miopia, ipermetropia, astigmatismo ma soprattutto disturbi oculomotori, ovvero strabismi manifesti o latenti, che possono provocare un’alterazione nella trasmissione delle immagini alle aree celebrali che devono rielaborarle. Questo fa sì che il messaggio possa arrivare alterato e quindi ci siano delle ricadute sull’apprendimento».
«Stare ad una distanza ridotta dagli strumenti tecnologici fa male – rimarca a più riprese De Simone -. Provoca un grande affaticamento del sistema oculomotorio. Quindi è bene ricordare alcune norme fondamentali relative alla distanza d’uso: per il telefono e il tablet occorre tenere come riferimento la misura dell’avambraccio, che si aggira intorno ai 35/40 cm; per il personal computer invece è bene tenere una distanza pari alla lunghezza di tutto il braccio, mentre l’inclinazione del dispositivo deve essere di circa 20 gradi inferiore rispetto alla linea primaria di sguardo. Completano i consigli un’illuminazione uniforme in tutto l’ambiente e pause visive ogni due ore. Infine, sarebbe opportuno spegnere i dispositivi digitali almeno un’ora prima di andare a letto perché è dimostrato che la luce blu altera il ritmo sonno-veglia».
Il progetto “Ci vediamo a scuola” ha portato in 12 istituti milanesi l’optometrista degli istituti Maugeri, che ha incontrato oltre 4000 ragazzi prima del lockdown. «Avremo ancora due anni di studio per completare il quadro – dice De Simone –. Avremo così modo di vedere l’effetto della DAD sugli occhi degli studenti. Molto probabilmente ci saranno delle ripercussioni e quindi sarà opportuno correre ai ripari», conclude.
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