L’ex direttore esecutivo Ema e direttore scientifico Consulcesi Guido Rasi: «Ne trarranno vantaggio altre parti del mondo che ne hanno disperatamente bisogno e questo sarà un beneficio indiretto per tutti»
Epilogo prevedibile per un buon vaccino gestito male e comunicato peggio. Vaxzevria, il vaccino di AstraZeneca, è stato il primo vaccino che ha comunicato spettacolari risultati ed è stato il primo vaccino che ha fatto nascere concrete speranze per una soluzione della pandemia. Questo perché è stato percepito come vaccino più “classico”, ovvero con tecnologia basata sul vettore virale, già utilizzata da decenni, in confronto all’iniziale scetticismo per i vaccini ad mRNA, tecnologia mai utilizzata per sviluppare dei vaccini e verso la quale vi erano vari livelli di scetticismo oltre alla diffidenza di ordine emotivo su ipotetici effetti a lungo termine, dovuti all’inoculazione di materiale genetico (come avviene peraltro anche in quelli a vettore virale).
Vaxzevria è stato però anche il primo ad incontrare stop durante le fasi sperimentali ed a subire forti critiche per le comunicazioni inaccurate del proprio CEO. Tuttavia non è stato il primo vaccino ad essere approvato. L’innovativo vaccino ad mRNA di Pzifer-BionTech ha vinto la corsa, raggiungendo l’approvazione sia negli Stati Uniti dall’FDA che in EU dall’EMA, e persino nel Regno Unito, patria di AstraZeneca.
A dispetto della indubbia e riconosciuta efficacia e sicurezza di questo vaccino, la sperimentazione é stata piuttosto frammentata. La casa farmaceutica ha cercato di descrivere un errore di dosaggio come una scelta sperimentale deliberata, ottenendo un emendamento del protocollo sperimentale con la compiacenza dell’agenzia del Regno Unito e dovendo poi comunque escludere quei dati dal dossier autorizzativo. Parliamo dei risultati “spettacolari” ottenuti dalla famosa “mezza dose”.
Alla confusione comunicativa hanno indubbiamente contribuito le autorità sanitarie di diversi paesi europei, favorita anche dalla difficoltà interpretativa degli studi presentati in cui vi era grande disomogeneità nelle fasce d’età incluse. L’agenzia americana ha rifiutato tutti i dati, imposto altri studi e mai autorizzato l’uso.
E veniamo ai contratti. L’impegno di AstraZeneca era quello di fornire 80 milioni di dosi all’Europa già nel primo trimestre, costituendone uno dei pilastri fondamentali della campagna vaccinale del continente. Da subito le consegne sono state enormemente ridotte, fino a 40 milioni, e sempre in ritardo. A questo hanno contribuito vari fattori, inclusa una sovrastima della loro capacità produttiva ed il sospetto che a fronte di un prezzo dichiarato come “no profit” (fino a luglio) in realtà sia poi stata praticata una politica di consegne prioritarie verso mercati più proficui.
Questi ritardi hanno ovviamente generato una serie di domande sugli aspetti contrattuali che legavano l’EU alla casa farmaceutica. Senza ripercorrere o reinterpretare in questa occasione tutti gli aspetti contrattuali e legali, rimane il fatto che l’Europa ha intrapreso due azioni legali contro la casa farmaceutica ed ha deciso di non rinnovare il contratto per il futuro. Cosa succederà ora?
Il suo profilo beneficio-rischio è stato ripetutamente valutato dall’EMA e rimane complessivamente positivo. Tuttavia alcuni casi di trombosi rare sembrano effettivamente legati all’uso del vaccino e con una prevalenza nel sesso femminile e nelle fasce d’età più giovani. L’EMA a questo punto ha anche stabilito esattamente i termini del beneficio-rischio per ciascuna fascia d’età ed in relazione all’andamento della pandemia, distinguendo tre scenari di circolazione del virus, alta, media e bassa intensità.
Vaxzevria è stato fondamentale nel gestire la fase critica della pandemia mettendo in sicurezza le fasce a rischio della popolazione di mezza Europa, soprattutto per chi lo ha utilizzato saggiamente nella fascia più anziana della popolazione, quella che ha pagato al virus il tributo più alto. Tardivamente anche l’Italia. Attualmente la campagna vaccinale in Europa è arrivata ad un buon livello complessivo di protezione per le fasce a rischio e si dovranno vaccinare le fasce di popolazione nelle quali il rapporto beneficio-rischio tende a ridursi, anche in relazione al numero di nuovi casi di infezione.
Nel frattempo la produzione dei vaccini ad mRNA sta aumentando velocemente e sono in via di autorizzazione almeno altri due vaccini, già opzionati dall’EU. Le prenotazioni totali eccedono il numero di abitanti in Europa ed una terza dose rimane per ora solo un’ipotesi teorica e da valutare anche a fronte della necessità di modifica dovuta alla comparsa di qualche variante resistente alle attuali formulazioni.
Conclusione? L’Europa fondamentalmente continua ad avere dubbi sulla certezza delle consegne di AstraZeneca, che pagherebbe inoltre ad un prezzo maggiore del precedente ed ormai sa che potrà farne a meno. Ne trarranno vantaggio altre parti del mondo che ne hanno disperatamente bisogno e questo sarà un beneficio indiretto per tutti. Se questa fosse in fondo in fondo anche una strategia della casa produttrice, probabilmente non lo sapremo mai.
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