«Senza specifiche misure di contenimento si sono creati dei focolai epidemici», sottolinea Carlo Signorelli, professore di Igiene e Sanità pubblica all’Università Vita Salute San Raffaele di Milano e membro della Task Force di Regione Lombardia. «Con la riapertura – sottolinea – ci sarà quasi sicuramente un aumento dei casi, ma attenzione a non superare la soglia di R1»
«Che l’infezione girasse indisturbata già un mese prima del paziente uno era purtroppo convinzione diffusa, ora abbiamo la conferma. Il virus è circolato liberamente, senza che nessuno lo sapesse, senza che sia stata presa alcuna misura specifica di prevenzione, e questo ha creato quei focolai epidemici». L’epidemiologo Carlo Signorelli, professore di Igiene e Sanità pubblica all’Università Vita Salute San Raffaele di Milano e membro della Task Force di Regione Lombardia, commenta così a Sanità Informazione lo studio dei tecnici di Regione Lombardia, riportato sul Corriere della Sera, attraverso cui si è andati a ritroso nei contagi fino a collocare l’approdo del virus al 26 gennaio, ben 26 giorni prima del caso di Codogno. Secondo lo studio, in quel “Giorno O” a Milano c’erano già i primi 46 casi di Covid-19, mentre erano 543 in tutta la Lombardia.
«C’era già questo sospetto, il numero di casi è salito tantissimo in pochi giorni: come è venuta fuori la notizia si sono moltiplicati tamponi e se ne sono trovati tanti – spiega Signorelli -. Oggi molte persone che hanno avuto delle forme respiratorie a gennaio possono ricondurre la loro malattia a questa infezione. Era quasi logico che fosse così: il numero di infetti era talmente alto a fine febbraio che non poteva non essere circolato».
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Mentre dunque tutti pensavano che il misterioso virus di Wuhan fosse in Cina, questo era libero di produrre i suoi effetti in alcune province italiane, molte delle quali in Lombardia. Il virus ha così potuto circolare liberamente senza misure di contenimento, e solo ora, dopo due mesi di lockdown, inizia a mollare la presa.
Signorelli sottolinea che il virus si è potuto insinuare sfruttando l’alto tasso di asintomatici: «Il virus è entrato prima di quanto ci potessimo immaginare. È cominciato a girare, è stato portato e ha acceso quei focolai che sappiamo. È una malattia a contagiosità alta, subdola: quello che ci ha ingannato è che 8 volte su 10 la gente non si è accorta di averlo. Questo non ci ha permesso di identificare i casi perché sono passati inosservati. Anche Paesi confinanti non sono riusciti a fermare l’onda. È una vera pandemia devastante».
Ora che si parla di fase 2, il rischio è di tornare alle stesse condizioni di febbraio, quando il virus è circolato liberamente: «Se noi rimanessimo in una situazione di lockdown come siamo oggi, andremmo a zero abbastanza in fretta – spiega Signorelli -. Rimanere come siamo oggi però non è possibile. Se noi riaprissimo tutto lunedì mattina, avremmo un altissimo rischio che l’epidemia riparta, che ci sia in tempi brevi una seconda ondata epidemica. Non è una certezza, ma una alta probabilità che l’epidemia possa ripartire, con il rischio di dover rifare tutto quello che abbiamo fatto una seconda volta. Tra questo scenario positivo che non si può mantenere, cioè chiudere tutto, e lo scenario peggiore, quello di riaprire tutto con un rischio alto che riprenda l’epidemia, bisogna trovare un punto di equilibrio. Il punto di equilibrio lo fissa il decisore politico. E più queste decisioni saranno vicine al lockdown, minore sarà la probabilità che riparta l’epidemia. Bisogna essere consci che si prende un rischio che può essere maggiore o minore a seconda del livello e dei tempi con cui si riapre».
«Mi pare di capire – aggiunge – che in questo momento stia prevalendo una linea prudente. Da un punto di vista sanitario è una situazione a minor rischio, poi qualcun altro dovrà valutare se dal punto di vista dell’economia questa situazione è tollerabile o non tollerabile. Attenzione però: quando hai la crisi economica e la disoccupazione a medio termine hai anche effetti sulla salute. Non dimentichiamo anche questo aspetto. Nel 2008 e nel 2009 in alcuni Paesi come la Grecia dove la crisi è stata più violenta è stato messo in evidenza che quella crisi ha determinato peggioramenti dello stato di salute e situazioni in cui la gente non aveva più la possibilità di curarsi, con aumento di malattie anche gravi. È una considerazione con evidenze scientifiche da mettere sul tavolo e da pesare con tutti gli altri aspetti».
Un altro dato da guardare con attenzione è quello delle terapie intensive: l’allentamento delle misure dipende anche da quello: «È difficile fare previsioni perché oggi ogni modello non è interamente attendibile. Nel riaprire ci sarà una lieve ripresa dei casi – conclude Signorelli -. Questa dovrà tassativamente essere sotto al famoso R1. E sappiamo che nel 5% dei casi ci sarà la richiesta della terapia intensiva. Tuttavia è difficile fare previsioni, ci sono molte variabili. Ad esempio quanto la stagione estiva diminuirà il contagio, come si comporterà la gente. Se tutti rispettano le regole il rischio di nuove infezioni è basso e quindi le terapie intensive non si riempiranno. Poi ci sono alcune cose che non sappiamo come andranno, come i mezzi pubblici, un settore a rischio: potranno soddisfare le richieste di distanziamento o andranno in crisi? La gente aspetterà un’ora alla fermata o si accalcherà in autobus o in metro? Questa è una trasmissione per via aerea interumana, più ci avviciniamo e più aumenta il rischio. Io sono moderatamente ottimista sui comportamenti delle persone, che hanno mostrato in questi due mesi grande senso di responsabilità, ma solo quando riapriremo lo sapremo».
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