Il Presidente Gimbe Nino Cartabellotta nell’intervista esclusiva a Sanità Informazione: «Fine dello stato di emergenza, circolazione endemica del virus e fine della pandemia non sono sinonimi». E mette in guardia sui profughi in arrivo dall’Ucraina
Causa guerra, l’attenzione dei media nei confronti del Covid è decisamente calata. E si fanno strada, nell’opinione pubblica, alcune discutibili convinzioni. Il virus non c’è più, la maggior parte degli italiani sono vaccinati e quindi protetti, le nuove varianti saranno meno aggressive. Ma è vero che la fine della pandemia è vicina e presto ci lasceremo tutto alle spalle?
Il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, non la pensa affatto così. Nell’intervista esclusiva al nostro giornale spiega perché è importante continuare a tenere sotto controllo la situazione epidemiologica – senza dubbio in netto miglioramento – senza lasciarsi andare a facili entusiasmi. La circolazione del virus è ancora molto elevata: lo dimostra il fatto che, dopo cinque settimane, i contagi sono tornati a salire. Quasi 40 mila nuovi casi al giorno, oltre 1 milione di positivi e un tasso di positività dei tamponi all’11,4%.
Il recente incremento di nuove infezioni, secondo il Presidente Gimbe, è la conseguenza di vari fattori fattori. Rilassamento della popolazione, diffusione della più contagiosa variante Omicron BA.2, persistenza del freddo, e calo della protezione vaccinale a qualche mese dalla dose booster. Serviranno 7-10 giorni per capire se la risalita della curva coincide con l’inizio di una nuova ondata o si tratta semplicemente di un semplice rimbalzo. Dati difficili da interpretare, al momento, ma da tenere sicuramente sott’occhio.
E non è finita qui. Nell’intervista esclusiva a Sanità Informazione, Cartabellotta lancia l’allarme sull’arrivo dei rifugiati ucraini in Italia per cui si rischia “l’emergenza nell’emergenza”. Il 64% dei profughi che stanno scappando dalla guerra non sono vaccinati per vari motivi, primo fra tutti quello religioso. Come gestire l’inaspettata situazione?
«Assolutamente no e si sta facendo molta confusione. La fine dello stato di emergenza ha una data ben definita – il 31 marzo 2022 – e coincide con l’inizio della gestione ordinaria della pandemia. In particolare, con il passaggio alle Regioni di una serie di responsabilità che erano in capo alla struttura del commissario Figliuolo con l’utilizzo di strumenti di gestione straordinaria. Questa fase, nella narrazione pubblica, si sta allineando con termini che hanno un significato completamente diverso. La circolazione endemica del virus si ha nel momento in cui, nei momenti di massima circolazione – e solo il prossimo autunno inverno ci dirà se siamo nella fase endemica – non ci saranno segni di sovraccarico né a livello territoriale né, soprattutto, a livello ospedaliero».
«La fine della pandemia è una campanella che deve suonare l’Organizzazione mondiale della sanità. Noi ci auguriamo il più presto possibile, ma si tratta della scadenza di un qualcosa di straordinario che deve essere allineata. È certo che in questo momento ci troviamo in una fase molto favorevole della pandemia, una sorta di best case. Sta arrivando la stagione primaverile, scendono quasi tutti gli indicatori: ospedalizzazioni, terapie intensive, e decessi. Siamo in una fase di coperture vaccinali e terze dosi molto elevate. Il problema è che noi in autunno avremmo una situazione opposta: stagionalità del virus che favorisce la circolazione e declino delle coperture vaccinali. Inoltre, non sappiamo ancora quando sarà richiesta un’ulteriore dose soprattutto per i soggetti anziani e fragili».
«Il dato oggettivo è che l’Ucraina ha il 64% di persone non vaccinate e conquista questo triste primato in Europa. È ovvio che ci sarà un’importante circolazione di profughi che arriveranno in Italia, seppur in misura nettamente minore rispetto a Polonia e paesi confinanti. Al momento è impossibile prevedere di quante persone si tratterà. Immaginare l’emergenza di nuove varianti è un’ipotesi un po’ azzardata fermo restando che situazioni di elevata circolazione virale e bassi tassi di coperture vaccinali sono condizioni favorenti ma con numeri molto elevati. È indubbio che la protezione vaccinale è fondamentale soprattutto per le persone anziani e fragili che rischiamo di andare in ospedale».
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