Lo psicologo: «Serve un patto di fiducia universale, i malati non devono sentirsi in pericolo accanto agli altri»
«Hanno deciso di autoisolarsi ancor prima che fosse dichiarato il lockdown nazionale. Poi, in estate, hanno tirato un sospiro di sollievo, fino a ritrovarsi di nuovo di fronte al grande dilemma: chiudersi in casa oppure cercare di vivere una vita ai limiti del consentito?». È così che molte delle persone affette da atrofia muscolare spinale, una malattia rara degenerativa che progressivamente indebolisce le capacità motorie, hanno affrontato questi mesi di pandemia. A raccontarlo, a Sanità Informazione, è Jacopo Casiraghi, psicologo di Famiglie SMA.
«Decidere se permettere ai propri figli di tornare a frequentare la scuola – continua lo specialista – è stata una delle scelte più difficili che i genitori dei bambini affetti da Sma si sono trovati ad affrontare durante questa seconda ondata. Impedirgli di tornare tra i banchi significa aumentare quell’isolamento interiore che già percepiscono a causa della loro malattia. Al contrario, lasciare che frequentino in presenza le lezioni vuol dire dare all’altro, dalle famiglie dei compagni di classe al corpo insegnanti, piena fiducia».
Come ricostruire sicurezza e fiducia, spesso messe in discussione da questo periodo di emergenza, è stata una delle principali tematiche trattate durante l’ultimo incontro di #SMAspace, la piazza virtuale dedicata al mondo della SMA, promossa dall’Osservatorio Malattie Rare (OMaR) e dall’associazione Famiglie SMA, con il contributo non condizionato di Roche.
«Queste famiglie – continua Casiraghi – sono spesso già abituate ad adottare le misure di sicurezza necessarie a proteggere i propri bambini, anche dalle più comuni infezioni respiratorie, utilizzando le mascherine e lavando frequentemente le mani».
Ovviamente, i provvedimenti presi quotidianamente variano a seconda dello stato di avanzamento della malattia: «Ci sono bambini che vivono grazie ad una tracheostomia o che hanno la necessità di utilizzare la respirazione non invasiva per molte ore al giorno – racconta lo psicologo -. Si tratta di piccoli estremamente fragili che, anche in periodo pre-Covid, d’inverno tendono ad utilizzare la didattica a distanza o lezioni a domicilio. Molti altri ragazzi, invece, quelli che pur avendo la necessità di una carrozzina a motore non hanno nessun problema respiratorio, frequentano la scuola come qualsiasi altro coetaneo».
E sono soprattutto i genitori di questi bambini a dover avere la massima fiducia nell’altro. «È inevitabile – aggiunge Casiraghi – che ognuno di loro si ponga la medesima domanda: quanto è sicuro per mio figlio andare a scuola?». La risposta è nelle mani di ogni singolo individuo che, con le sue azioni, decide il suo grado di responsabilità. «Per questo – aggiunge lo psicologo – servirebbe un patto educativo tra genitori ed insegnanti che impegni chiunque frequenti un bambino fragile, che sia affetto da Sma o da qualunque altra patologia che lo renda tale, a stare più attento, rispettando sempre e comunque ogni misura di sicurezza».
Un accordo che tacitamente dovrebbe coinvolgere ognuno di noi, soprattutto coloro che essendo sani e in salute temono meno gli effetti del virus. «Sono proprio gli asintomatici a rappresentare il pericolo maggiore per coloro che, infettandosi, potrebbero aggravare ancora di più le proprie condizioni già fortemente provate da una malattia che li accompagna lungo tutta la loro esistenza. Le migliori terapie, il vaccino più efficace, da soli, senza una buone dose di altruismo – conclude lo psicologo – non saranno sufficienti a sconfiggere questa pandemia».
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