Salute 15 Aprile 2022 13:02

Il fallimento della Svezia nel contrasto alla pandemia da Sars-CoV-2

Uno studio pubblicato da Humanities & Social Sciences Communications accusa il paese scandinavo di gravi errori ed omissioni

di Stefano Piazza
Il fallimento della Svezia nel contrasto alla pandemia da Sars-CoV-2

Sta facendo discutere in Svezia lo studio pubblicato da Humanities & Social Sciences Communications, tramite Nature nel quale si affronta la strategia adottata della Svezia durante la pandemia da Sars-CoV-2.

Quello che emerge dallo studio scientifico (il primo a due anni dall’inizio dell’emergenza pandemica) elaborato da esperti di epidemiologia, medicina, studi religiosi, storia, scienze politiche e diritti umani dell’Università del Belgio, della Svezia e della Norvegia è che la Svezia ha totalmente fallito nel contrasto al virus.

La Svezia optò per un approccio soft

Impossibile dimenticare che il Paese scandinavo contrariamente al resto del mondo, che nel 2020 lottava contro il virus e contava i morti a migliaia, optò per l’approccio più soft possibile. Ovvero: nessuna politica di distanziamento sociale, nessun obbligo di portare la mascherina, tutte le scuole aperte, solo raccomandazioni e misure a carattere volontario, nessuna multa così come non ci furono restrizioni di nessun tipo. Inizialmente coloro che negavano (e lo fanno ancora oggi) l’esistenza del virus, applaudirono la scelta svedese. Poi, con il tempo, un’indagine parlamentare scoprì che il ministero della Salute e degli affari Sociali di Stoccolma non aveva capito nulla, tanto che «la Svezia non aveva nessuna strategia». Nessuno però ha fatto pubblica ammenda.

Le pesanti accuse all’Agenzia di Sanità Pubblica

L’emergenza pandemica è «stata gestita» dall’Agenzia di Sanità Pubblica (Folkhälsomyndigheten), un organismo indipendente al quale il Governo svedese si è completamente affidato, tanto che non ha fatto altro che «invitare i cittadini a seguire le raccomandazioni della medesima agenzia». Ma perché? Anche se nessuno lo ha mai ammesso, è difficile non vedere in questo atteggiamento la volontà del Governo svedese di creare quell’immunità di gregge della quale in molti hanno teorizzato senza peraltro capirci nulla o quasi. E chi lo dice? I numeri, che non mentono mai: nel mese di aprile del 2021, l’Agenzia di Sanità Pubblica prevedeva che almeno il 40% degli abitanti di Stoccolma avrebbero contratto il Covid-19, così da sviluppare gli anticorpi entro il mese di maggio.

Obbiettivo raggiunto? Neanche per idea, la stessa Folkhälsomyndigheten nel settembre scorso ha dovuto riconoscere che la cifra reale determinata dai test a campione sugli anticorpi fatti a Stoccolma era dell’11,4%, mentre Göteborg era al 6,3% (parliamo delle due più grandi città svedesi). Il dato era peggiore nel resto del Paese visto che in media si attestava intorno al 7,1% in tutta Svezia.

Quindi l’immunità di gregge era solo nei sogni di chi la teorizzava. Lo studio affronta anche una delle cause che hanno probabilmente determinato la folle gestione della crisi pandemica da parte delle autorità svedesi. Nel 2014 «la massima autorità sanitaria svedese, l’Agenzia di sanità pubblica locale è stata fusa con l’Istituto per il controllo delle malattie infettive» e quale fu la prima decisione del nuovo responsabile dell’Agenzia Johan Carlson? Siccome tutto il mondo è paese decise di licenziare sei professori che vennero poi mandati al Karolinska Institutet. Un fatto che fece sì che l’Agenzia di Sanità Pubblica svedese si privò, per ragioni di carattere politico, delle persone che avevano le competenze per affrontare lo tsunami sanitario che è stato il Covid-19.

Un fallimento tutto svedese

Lo studio scientifico sbugiarda la gestione svedese con una parola sola: fallimento. Si parte da un dato su tutti: «In Svezia c’è stato un tasso di mortalità che nel 2020 è stato di 10 volte superiore rispetto alla vicina Norvegia» ma non solo. Scorrendo il report intitolato Valutazione della consulenza scientifica durante la pandemia di Covid-19 in Svezia si scopre delle decisioni sanitarie «discutibili», oltre le gravissime responsabilità delle autorità politiche e dei funzionari che hanno scientemente messo in atto comportamenti omissivi al punto da operare in segretezza e «insabbiare e manipolare i dati».

Un esempio? «Anche se molte delle persone coinvolte hanno dichiarato pubblicamente che le mascherine non erano necessarie, o addirittura pericolose o controproducenti, hanno poi affermato di essere sempre state a favore del loro uso».

Agli anziani? La morfina al posto dell’ossigeno

Nelle diciassette pagine del rapporto, che è un vero atto d’accusa, si raccontano cose che lasciano senza fiato come: «La legislazione obbligatoria è stata utilizzata raramente; le raccomandazioni basate sulla responsabilità personale e senza alcuna sanzione erano la norma». Ma il capitolo più agghiacciante riguarda gli anziani: «A molte persone anziane è stata somministrata morfina invece dell’ossigeno, nonostante le scorte disponibili, ponendo fine alla loro vita – ed ancora – la decisione di fornire cure palliative a molti anziani è molto discutibile; pochissimi di loro sono stati ricoverati per il Covid-19. Un trattamento appropriato (potenzialmente salvavita) è stato negato senza esame medico, e senza informare il paziente o la sua famiglia o chiedere il permesso».

I bambini? Uno strumento usato per diffondere il virus

Se gli anziani sono stati completamente abbandonati al loro destino, con i bambini è stato usato il seguente metodo: «L’Agenzia della Salute Pubblica ha negato o declassato il fatto che i bambini potessero essere infettivi, sviluppare malattie gravi, o guidare la diffusione dell’infezione nella popolazione – evidenzia il rapporto -. Mentre le loro e-mail interne indicano il loro obiettivo di usare i bambini per diffondere l’infezione nella società». Inoltre, il report ricorda che «durante la primavera del 2020, molti individui non sono stati ricoverati negli ospedali e non hanno nemmeno ricevuto un esame sanitario poiché non erano considerati a rischio, con il risultato che sono morti a casa nonostante avessero cercato aiuto».

E ora che si fa?

Il rapporto indica una strada percorribile per evitare che in futuro si commettano gli stesso tragici errori: «Se la Svezia vuole fare meglio nelle future pandemie, il metodo scientifico deve essere ristabilito, anche all’interno dell’Agenzia di sanità pubblica. Probabilmente farebbe una grande differenza se venisse ricreato un Istituto separato e indipendente per il controllo delle malattie infettive». Ed infine: «Raccomandiamo che la Svezia avvii un processo autocritico sulla sua cultura politica e sulla mancanza di responsabilità dei decisori per evitare futuri fallimenti, come è accaduto con la pandemia di Covid-19».

Tutto vero, ma a proposito di quanto accaduto sarebbe buona cosa che molti di quei funzionari che continuano a negare ostinatamente le loro responsabilità trascorressero qualche anno in carcere. Dove, ad esempio, potrebbero riflettere sul fatto che la vita umana è sacra – qualsiasi essa sia. Ma ciò non accadrà, perché nonostante in Svezia si discuta del rapporto, non c’è stata quella sollevazione popolare che era lecito attendersi da un Paese che si definisce ancora «una superpotenza dei diritti umani». A proposito degli anziani, non sono pochi quelli che ritengono che coloro che si trovavano nelle case di riposo «sarebbero morti lo stesso». E per fortuna che c’era chi diceva che «non preoccupatevi, andrà tutto bene». Infatti.

 

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