La scoperta dei ricercatori di Milano Bicocca guidati dal professor Gambacorti Passerini: «Lo studio del marcatore SFlt1 prodotto dalle cellule endoteliali spiega come il virus può infettare la superficie interna dei vasi». Giardina: «Le conoscenze sulla cura della gestosi utili per affrontare il Covid»
Gestosi e Covid. La formazione dei trombi sembrerebbe avere la stessa origine, da un marcatore chiamato sFit1, prodotto dalle cellule endoteliali, che tappezzano la superficie interna dei vasi. Ad arrivare a questa conclusione è uno studio tutto italiano dei ricercatori dell’Università di Milano Bicocca guidati dal professor Carlo Gambacorti Passerini, direttore della Clinica Ematologica dell’Università che ha sede nell’Ospedale San Gerardo di Monza.
«Questa malattia nuova e poco conosciuta nel 50% dei pazienti dà effetto ad eventi trombotici sotto forma di coaguli all’interno di vene e arterie che possono essere causa di morte del paziente – spiega il professore -. La scoperta coinvolge lo strato più interno della parete delle arterie e delle vene che si chiama endotelio. Il nostro studio ha messo in luce come una molecola, che è prodotta in maniera quasi esclusiva da queste cellule, aumenti in modo significativo nei pazienti affetti dalla malattia e soprattutto in una fase precoce dell’infezione, al momento o subito dopo il ricovero in ospedale. Di conseguenza il nostro studio mira ad anticipare il trattamento con farmaci anticoagulanti come l’eparina in una fase precoce della malattia e utilizzare, in futuro, farmaci noti per bloccare la produzione di queste molecole da parte delle cellule dell’endotelio, come aspirina e sartanici. Questo è un trattamento che non interferisce sul trattamento virale, ma su una complicanza della malattia; non blocca quindi la replicazione del virus, ma una complicanza grave, soprattutto in giovane età, come un’embolia polmonare massiva che è stata la principale causa di morte».
Partito grazie ad una intuizione di Valentina Giardini, ginecologa e dirigente medico della Fondazione Mamma e Bambino, lo studio potrebbe permettere di arrivare ad una cura per le complicanze del Covid partendo dall’esperienza della gestosi, una complicanza della gravidanza. «Vi è un’alterazione comune nelle due patologie, in particolare nel sistema renina-angiotensina-aldosterone – spiega la dottoressa che ha avuto il merito di osservare la stessa alterazione nelle due patologie -. Tutto questo è mediato da un altro ormone che si chiama angiotensina due, che crea un danno endoteliale in gravidanza e parte dalla placenta. Un’insufficienza placentale scatena un danno del tessuto che riveste i vasi e poi, a seguire, si manifesta in più organi. Si tratta di una malattia ad elevata mortalità materna e perinatale. Nei pazienti affetti da Covid tutto parte dal polmone, ma c’è poi un coinvolgimento di altri organi che può dare un danno sistemico dei vasi. Quindi c’è molta variabilità di manifestazione».
Ma allora la cura che si attua per la gestosi può essere utile anche per il Covid? «La preeclampsia, meglio conosciuta come gestosi – risponde la dottoressa Giardini -, sarebbe il modello noto della malattia in ambito medico. Questo studio, e anche i futuri, si focalizzeranno quindi su questa molecola. Si tratta di un marcatore in ambito ostetrico, per fare diagnosi di gestosi e per stratificare la gravità della patologia e del danno placentare, che può migliorare le nostre conoscenze sul fronte della patologia dell’infezione da Covid per utilizzarlo a fini terapeutici e prognostici. Un rapporto tra i due marcatori dell’endotelio che producono uno squilibrio tra i fattori angiogenici e anti-angiogenici a vantaggio di quelli più dannosi che quindi causano trombosi, a livello di placenta in caso di preeclampsia e nei polmoni nel caso del Covid. Questo sarà il punto da approfondire».
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