Salute 9 Agosto 2019 09:41

Il medico di famiglia che paga di tasca propria lo psicologo per i suoi pazienti: la storia di Antonio Antonaci

A Galatina i “precursori” del decreto Calabria. La psicologa: «La compresenza di queste due figure professionali all’interno dello studio di medicina generale limita l’assunzione di farmaci e riduce il ricorso ad analisi cliniche e strumentali»

di Isabella Faggiano
Il medico di famiglia che paga di tasca propria lo psicologo per i suoi pazienti: la storia di Antonio Antonaci

Entrando al civico 56 di via di Soleto, a Galatina, in provincia di Lecce, e varcando la soglia dello studio di medicina generale, si troveranno due professionisti a lavoro, l’uno accanto all’altro: un medico ed una psicologa di famiglia. Non si tratta del caso più celere d’Italia di attuazione del decreto Calabria, che dalla fine del mese di giugno offre la possibilità ai medici di medicina generale di avvalersi della collaborazione di uno psicologo, ma di una sperimentazione cominciata quando di questo decreto non era stato scritto nemmeno il primo capoverso.

«Lavoro al fianco di una psicologa da ormai da tre anni», racconta Antonio Antonaci, medico di famiglia che, da oltre 15 anni, assiste 1.500 pazienti. «Tutto è cominciato grazie ad una sperimentazione finanziata dal distretto socio-sanitario di Galatina – continua il medico -. Purtroppo, però, al suo scadere, dopo 18 mesi, il progetto non è stato rinnovato».

È stato in quel momento che i due professionisti hanno voluto anteporre il benessere dei propri pazienti a qualsiasi forma di interesse economico: «Ho deciso di autofinanziare la presenza dello psicologo all’interno del mio studio – commenta Antonaci – e la dottoressa, dal canto suo, ha accettato di continuare a svolgere il suo lavoro ricevendo un compenso più simile ad un rimborso spese che ad una retribuzione professionale».

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E così, dopo altri 18 mesi di lavoro, tre anni in tutto, sono ancora l’uno accanto all’altro, «non disposti a mollare un progetto in cui – sottolineano entrambi – crediamo fortemente».

«Non posso negare che all’inizio ci siano state delle difficoltà per integrare le nostre competenze», dice Angela Antonaci, la psicologa e psicoterapeuta che lavora accanto al dottor Antonio Antonaci. I due professionisti, nonostante l’omonimia, non si erano mai incontrati prima di questa collaborazione.

«In accordo con la psicologa – continua il medico di famiglia – abbiamo deciso che il nostro lavoro fosse svolto in compresenza, in modo che il paziente potesse abituarsi a questa nuova figura». Ovviamente, sin dal primo giorno di collaborazione, c’è sempre stato un cartello affisso davanti alla porta dello studio che avvertiva di questa nuova presenza professionale, consigliata e non obbligatoria, «ma nessuno – assicura Antonio Antonaci – ha mai deciso di escludere la partecipazione della psicologa. In questo modo, ho avuto l’opportunità di spiegare ad ogni paziente le finalità, e soprattutto l’utilità, di questo progetto». «Che all’inizio ci sia stata diffidenza – sottolinea la psicologa, in accordo con il medico di medicina generale – è innegabile. Ma allo scadere dei 18 mesi previsti dalla sperimentazione il numero di pazienti che chiedevano spontaneamente il supporto psicologico è aumentato notevolmente».

E non parliamo di pazienti affetti da particolari patologie o disturbi psicologici, ma di persone alle prese con difficoltà quotidiane, più o meno comuni: «Un licenziamento in tronco a 50 anni, una separazione, una diagnosi di tumore, la scoperta di una malattia cronica, la preoccupazione per figli o anziani genitori gravemente malati. È da queste situazioni – spiega Antonio Antonaci – che, spesso, possono originare sintomi fisici come emicranie, dolori addominali, insonnia. Disturbi che, in assenza dell’occhio esperto di uno psicologo e del suo supporto professionale, avrebbero potuto risolversi con l’assunzione di farmaci o con l’esecuzione di esami diagnostici, talvolta completamente inutili. Non di rado – assicura il medico di famiglia – è accaduto che i colloqui psicologici abbiano lenito o annullato questa tipologia di malessere. In certi casi, infatti, la terapia della parola è più efficace del migliore degli antidolorifici».

«Che la compresenza di queste due figure professionali – aggiunge la psicologa – limiti l’assunzione di farmaci e riduca di conseguenza anche i costi a carico del SSN, pure per analisi cliniche e strumentali, è dimostrato da diversi e recenti studi».

Due i principali punti di forza a favore dei pazienti: tempestività e riservatezza. «Chiunque si rivolga al suo medico di fiducia, laddove necessario, potrà contare sul supporto dello psicologo in maniera immediata e gratuita. Inoltre – aggiunge Antonio Antonaci – nessuno saprà il motivo del suo accesso allo studio del medico di famiglia: una prescrizione, un certificato, una medicazione o, appunto, un colloquio psicologico. La sua privacy sarà totalmente tutelata e il paziente non dovrà preoccuparsi di affrontare i pregiudizi altrui che, purtroppo, ancora persistono nei confronti di coloro che chiedono aiuto ad uno psicoterapeuta o ad uno psichiatra».

Ed ai colleghi ancora scettici sull’efficacia di una collaborazione tra il medico di medicina generale e lo psicologo assicura: «La nostra mole di lavoro quotidiano si ridurrà considerevolmente. Il medico di famiglia non dovrà più farsi carico di ogni aspetto del “malessere fisico, psichico e sociale” – citando la definizione che l’Oms offre del concetto di “malattia” – ma potrà contare sull’aiuto di un altro professionista», conclude Antonio Antonaci.

Ma essere psicologi o psicoterapeuti non basta per sedersi accanto ad un medico di medicina generale: «Prima di cominciare questa sperimentazione ho seguito un corso di formazione della durata di alcuni mesi – racconta Angela Antonaci – che mi ha offerto le nozioni di base per la costruzione di un’adeguata relazione sia con il medico che con i suoi pazienti. Il professionista che veste i panni dello psicologo di famiglia entra nella casa di un altro professionista, il medico di medicina generale appunto. E da un giorno all’altro si trova a trattare tutti quei pazienti che fino a poco prima erano affidati alle sue cure esclusive. Per questo, la prima cosa da tenere presente – consiglia la psicologa a tutti quei colleghi che, grazie al decreto Calabria, si ritroveranno a ricoprire lo stesso ruolo – è di non sottrarsi per nessun motivo ad un’adeguata formazione preliminare. Il secondo – conclude – è di varcare la soglia di quello studio con estremo rispetto del lavoro altrui».

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