David Baker, Demis Hassabis e John Jumper hanno ricevuto il premio Nobel per la Chimica 2024 per il loro lavoro sulla previsione delle strutture proteiche e sulla progettazione di nuove proteine
Entrano nell’Olimpo dei Nobel per la Chimica gli scienziati David Baker, Demis Hassabis e John Jumper per le loro ricerche sulla comprensione della struttura delle proteine, che svolgono un ruolo “vitale” in tutti gli organismi viventi. Hassabis e Jumper, di Google DeepMind, hanno sviluppato un’intelligenza artificiale che prevede la struttura delle proteine. Baker, scienziato dell’Università di Washington a Seattle, è stato riconosciuto per il suo lavoro sulla progettazione di nuove proteine.
Le proteine sono le molecole che rendono possibile la vita. Tutti i meccanismi chiave della vita sono fatti di proteine: dai muscoli che ci danno energia dalle molecole che leggono e copiano il DNA agli anticorpi che ci proteggono dalle infezioni. “Per comprendere la vita, bisogna prima capire la forma delle proteine”, afferma Heiner Linke, presidente del Comitato Nobel per la chimica. Tutte le proteine sono composte da catene di amminoacidi e ci sono circa 20 tipi diversi di questi composti. La forma delle proteine è determinata dalla sequenza di amminoacidi, ma il modo in cui le catene si ripiegano è così complesso che predire la struttura di una proteina dalla sua sequenza è estremamente difficile. “Per diversi decenni, questo è stato considerato impossibile”, affermato Linke.
Diversi team di ricerca hanno sviluppato vari metodi computazionali per predire le strutture proteiche, ma con un’accuratezza molto bassa. Poi Hassabis e Jumper hanno sviluppato un’IA chiamata AlphaFold. La prima versione di AlphaFold, svelata nel 2018, ha rappresentato un miglioramento rispetto ad altri metodi. La seconda, rilasciata nel 2020, ha rappresentato un enorme balzo in avanti, prevedendo due terzi delle strutture proteiche con una precisione superiore al 90%. Nel 2022, AlphaFold è stato utilizzato per prevedere la struttura di quasi tutte le proteine conosciute e i risultati sono stati resi disponibili gratuitamente. “È stata una svolta enorme”, commenta Johan Åqvist, membro del Comitato Nobel per la chimica. “Questa è una risorsa fantastica per la ricerca chimica e biologica”, aggiunge.
Baker lavora da tempo sul problema opposto, cioè quello di progettare una proteina inedita, con una specifica struttura desiderata. Le possibilità qui sono infinite: nuove proteine potrebbero essere utilizzate per fare praticamente qualsiasi cosa, dal trattamento di malattie alla creazione di nanomacchine complesse. “David Baker ha aperto un mondo completamente nuovo di proteine che non avevamo mai visto prima”, dice Åqvist. “È uno sviluppo strabiliante”, aggiunge. Per fare questo Baker ha creato un software chiamato Rosetta, che è anche disponibile gratuitamente. Nel 2003 lo scienziato e il suo team hanno dimostrato per la prima volta che Rosetta funziona. Hanno infatti progettato una proteina, l’hanno realizzata e poi hanno utilizzato una tecnica chiamata cristallografia a raggi X per dimostrare che aveva la struttura progettata.
Sebbene Åqvist abbia descritto questo lavoro del 2003 come “la grande svolta“, la proteina creata era piccola, semplice e non faceva nulla. Baker stesso ha descritto il processo come più graduale. “È successo davvero nel corso di molti anni”, ha detto. “Negli ultimi 20 anni, siamo stati in grado di progettare proteine con funzioni sempre più complesse e potenti”, ha aggiunto. “Man mano che miglioravamo, l’ambito delle applicazioni diventava sempre più entusiasmante. È stata questa enorme apertura di possibilità, perché le proteine in natura fanno così tante cose diverse. Mediano tutti i processi nei nostri corpi e in tutti gli esseri viventi“.
“Le ricerche premiate oggi con il Nobel per la Chimica rappresentano un tassello fondamentale per l’evoluzione di molti settori, a partire dalla farmacologia”, commenta Silvio Garattini, farmacologo e fondatore dell’Istituto Mario Negri. “Comprendere appieno la struttura delle proteine e poterla modificare per crearne addirittura di nuove ci permetterà di avere farmaci innovativi a nostra disposizione e anche di comprendere meglio classi di farmaci che già utilizziamo. C’è ad esempio una tendenza recente – continua – ad aumentare molto l’impiego degli anticorpi monoclonali, che sono fondamentalmente delle proteine”. Anche per la grande sfida medica dei “superbatteri” resistenti agli antibiotici, sottolinea Garattini, gli studi premiati aprono nuovi e importanti scenari.
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