L’indice glicemico e’ la misura di quanto i cibi, che contengono carboidrati, facciano innalzare la glicemia una volta metabolizzati. Una caratteristica che rende alcuni alimenti, come lo zucchero, incompatibili con alcune patologie, una su tutte il diabete. Una ricerca, promossa da Ente Nazionale Risi, in collaborazione con l’Universita’ di Pavia e Politecnico di Torino, scardina […]
L’indice glicemico e’ la misura di quanto i cibi, che contengono carboidrati, facciano innalzare la glicemia una volta metabolizzati. Una caratteristica che rende alcuni alimenti, come lo zucchero, incompatibili con alcune patologie, una su tutte il diabete. Una ricerca, promossa da Ente Nazionale Risi, in collaborazione con l’Universita’ di Pavia e Politecnico di Torino, scardina alcune credenze e stereotipi sul riso e in particolare su alcune varieta’ autoctone italiane.
Lo studio, presentato a Identita’ Milano e pubblicato sulla rivista scientifica ‘Starch’, ha evidenziato come alcune varieta’ di riso italiane, fra queste il popolare Carnaroli Classico, possiedono, in media, un indice glicemico medio pari a 66,8 (il riferimento di scala e’ lo zucchero che vale 100), in linea con gli altri cereali e su valori simili a quelli del pane bianco che ha un valore pari a 70. In particolare due varieta’ di risi italiani: Selenio – molto utilizzata per la preparazione del Sushi – e Argo, hanno un valore di indice glicemico rispettivamente di 49.2 e 50.5, tale da consentirne l’inserimento in diete e programmi nutrizionali di persone che soffrono di obesita’ , sindrome metabolica e diabete.
Un secondo studio, sempre presentato nell’evento milanese, permette di fare l’identikit del chicco di riso. Lo scopo e’ misurare i caratteri morfologici dei granuli di amido presenti nella struttura interna dei chicchi e metterli in relazione alle proprieta’ organolettiche. Il risultato dimostra come la struttura interna dei nostri migliori risi presenta degli spazi vuoti, con un alto grado di porosita’ , che ne determina la propensione, in cottura, ad assorbire acqua e condimenti. Questo rende possibile la preparazione dei classici risotti: cremosi, nutrienti, completi e gustosi. Viceversa le varieta’ straniere hanno, prevalentemente, una struttura compatta che comporta una propensione ad essere consumati come contorno e senza condimenti.
“Il riso italiano e’ un prodotto d’eccellenza, unico e identitario – ha commentato Paolo Carra’ , presidente di Ente Nazionale Risi – e queste due ricerche ce lo confermano. E ci permettono di porre nuovi obiettivi di sostenibilita’ per una coltivazione sempre piu’ rispettosa dell’ambiente, senza spreco di acqua e con lo sviluppo di varieta’ che sappiano adattarsi a lunghi periodi di siccita’ come quelli con cui, purtroppo, abbiamo dovuto convivere negli ultimi anni”.