Intervista alla dottoressa Annalisa Baldi, psicoterapeuta breve strategica: «A volte la realizzazione del piacere diventa una vera e propria dipendenza»
Com’è cambiata (e sta cambiando) la sessualità negli anni in cui la tecnologia, tra social, metaverso, realtà virtuale e aumentata, sta diventando ogni giorno più centrale nelle nostre vite? E quali sono le nuove problematiche, da un punto di vista psicologico, relative alla sfera sessuale? Ne abbiamo parlato con la dottoressa Annalisa Baldi, psicoterapeuta breve strategica, intervenuta sull’argomento nel corso del terzo convegno mondiale Brief Strategic and Systemic Therapy World Network.
«Direi proprio di sì. Problematiche certamente differenti, dettate proprio dall’utilizzo dello strumento tecnologico. Una volta esistevano i giornaletti pornografici, poi sono arrivate le videocassette con i filmini. Attualmente c’è qualcosa in più, perché l’aspetto che differenzia l’uso della pornografia al giorno d’oggi è l’interattività. Mentre prima si trattava di un qualcosa che la persona gestiva autonomamente, in modo solipsistico e dunque da solo, ora il tutto è estremamente interattivo. Pensiamo alle chat erotiche o ai vari modi in cui la sessualità viene espressa attraverso un mezzo tecnologico. Questo cosa comporta? Da un lato la realizzazione di un piacere che diventa un qualcosa di molto più simile ad una dipendenza. Anche a livello neurobiologico si creano delle differenti connessioni sinaptiche che comportano una trasformazione del modo in cui funziona il nostro piacere e di come lo sentiamo. Dall’altro lato, si crea un cambiamento delle problematiche nella sessualità che le persone manifestano qui e ora. Questo perché, se io vivo quel determinato tipo di sessualità, la sessualità reale diventa un po’ meno soddisfacente. I modelli che vengono generati sono estremamente più elevati rispetto a quelli reali».
«Senza entrare in aspetti tecnici, che sarebbero difficili da riuscire a descrivere in questa fase, quello che noi andiamo a fare a livello terapeutico è agire proprio per smontare questo paradosso, a seconda naturalmente di come il paradosso si realizza. Immaginiamo una situazione in cui una persona è continuamente intenta a cercare di riuscire ad ottenere spontaneamente un determinato tipo di piacere che non riesce a raggiungere, quindi cerca, volontariamente e mentalmente, di provare piacere. Più lo cerca, meno lo trova. Più cerca di sentire, meno ci riesce. Una delle tecniche che usiamo in casi del genere è quella di fare in modo di concentrarsi sul piacere dell’altro, invece che sul nostro. Parliamo dunque di un rapporto vissuto nel contesto di una relazione concreta, reale, nel contatto con l’altra persona. In questo modo il soggetto in difficoltà si “distrae” da se stesso e si concentra sul piacere dell’altro e il piacere, dato che per fortuna la natura fa il suo corso, riemergerà…».
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