Lo Stato detterà le linee generali e le Regioni organizzeranno i servizi con l’obiettivo di arrivare al decentramento. E’ la strada giusta?
La riforma del Titolo V della Costituzione, approvata nell’ormai lontano 2001, pare aver causato più dolori che gioie. La sovrapposizione di competenze tra Stato e Regioni in materia di sanità ha avuto degli effetti che, stando a quanto dichiarato recentemente dal ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, “ha creato un disastro che pagheremo per generazioni”.
Negli scorsi mesi, a cavallo del cambio di governo, il dibattito su una tanto possibile quanto necessaria revisione del Titolo V – ed in particolare dell’articolo 117 – si era fatto molto acceso: l’opinione pubblica si è spaccata tra chi voleva tornare alla situazione pre-riforma e chi spingeva invece per trovare una nuova strada da percorrere per far funzionare il Servizio Sanitario Nazionale come e meglio di prima.
La via trovata dal premier Renzi passa per un sistema diviso in livelli tra loro meno conflittuali e più ordinati, caratterizzati da un decentramento legislativo che, almeno in teoria, dovrebbe essere più chiaro e razionale. Nella proposta di riforma del governo vengono separate le competenze esclusive statali e quelle residuali riguardanti invece le varie Regioni. Lo Stato si occuperà dunque delle norme generali riguardanti la tutela della salute e la sicurezza alimentare e del lavoro. Le Regioni avranno invece potestà legislativa riguardo tutte quelle materie o funzioni non espressamente riservati allo Stato. Tra queste c’è anche l’organizzazione dei servizi sanitari e sociali all’interno dei confini regionali.
In aggiunta, viene introdotta una “clausola di supremazia”, secondo la quale i provvedimenti legislativi dello Stato, su proposta dell’esecutivo, possono intervenire anche su funzioni o materie di non esclusiva competenza statale. Questo può avvenire quando in ballo ci sono situazioni che minano l’unità economica o giuridica della Repubblica o quando ci si trova di fronte a provvedimenti e riforme di interesse nazionale. Lo Stato potrà comunque decidere di delegare il potere legislativo alle Regioni su materie di propria ed esclusiva competenza.
Insomma, con questa riforma le norme generali vengono dettate dallo Stato, mentre il modo in cui organizzare i servizi sanitari spetta alle Regioni. È, questa, la giusta strada da seguire per risollevare le sorti di un Ssn martoriato dai continui tagli e dalle troppe inefficienze? Nei prossimi numeri Sanità Informazione chiederà ai personaggi più importanti del panorama sanitario italiano un parere in merito.