L’Agenzia Internazionale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per la Ricerca sul Cancro, di recente, ha inserito il talco nel gruppo 2A, ovvero nel gruppo di quegli agenti ritenuti “probabilmente cancerogeni”
Il talco è “probabilmente cancerogeno”. È il parere espresso dall’Agenzia Internazionale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per la Ricerca sul Cancro (IARC) che, di recente lo ha inserito nel gruppo 2A, ovvero nel gruppo di quegli agenti ritenuti “probabilmente cancerogeni”. Precedentemente, il talco puro di per sé era ritenuto non cancerogeno, e “possibilmente cancerogeno”, quindi appartenente al gruppo 2B, per il tumore ovarico, solo se applicato nelle aree genitali e vaginali. Come mai è stata rivalutata la classificazione? Risponde alla domanda la FNOMCeO, la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri, attraverso il suo sito “dottore ma è vero che…?”, nato per offrire un’informazione accessibile, scientificamente solida e sempre trasparente.
Innanzitutto la FNOMCeO, in un articolo a cura del dottoressa Roberta Villa, chiarisce che “la classificazione IARC non si basa sul livello di rischio, ma sulla forza delle prove a supporto di un legame di causa ed effetto tra un agente e il cancro: ‘possibilmente cancerogeno’ non significa che ‘può’ provocare il cancro, ma che sulla base degli studi esistenti non si può affermare con certezza che sia in grado di causare la malattia, ma dall’altro nemmeno che si possa dichiarare assolutamente sicuro”. Il discorso cambia, invece, quando la classificazione indica che un prodotto è “probabilmente cancerogeno”, come appunto, aggiunge la FNOMCeO, “è stato riclassificato il talco”. In questo caso “alla stregua della carne rossa o dei turni di lavoro notturni, si indica che, sulla base dei dati a disposizione, è ragionevole pensare che un effetto ci sia”.
“Quanto questo impatti sul rischio personale dipende poi da altri fattori, come la dose, la durata e le modalità di esposizione, oltre alla frequenza del tumore a cui si correla. Un piccolo aumento di rischio su un tumore frequente potrebbe per esempio risultare più significativo di un incremento più marcato in un tumore raro”, dice Villa. È una recente scoperta ad aver indotto l’Agenzia internazionale a cambiare la sua valutazione: si tratta di studi relativi ai meccanismi cancerogeni del talco sulle colture cellulari e in altri sistemi sperimentali. “Per questo – aggiunge Roberta Villa – una trentina di esperti provenienti da 13 Paesi, dopo aver rivalutato tutta la documentazione scientifica esistente, compresa quella più recente, ha deciso che, nel complesso, le prove di un legame tra l’uso del talco e l’insorgenza di tumori dell’ovaio non sono certe, ma più forti di quanto si pensasse”.
Altro punto molto discusso, e chiarito da “dottore ma è vero che…”?, è se il talco contenga amianto. “Nella precedente classificazione – si legge nell’articolo – si distingueva il talco puro, ritenuto sicuro, da quello contaminato con amianto oppure contenente fibre simili a quelle dell’amianto. La nuova monografia IARC invece si riferisce al solo talco, lasciando al capitolo dedicato all’amianto i rischi noti legati a questa sostanza. In altre parole, se il talco è contaminato da amianto, questo potente cancerogeno è sufficiente a spiegare la formazione di tumori senza chiamare in causa il prodotto ritenuto fino a oggi più innocuo”. Sono le aziende produttrici ad dover verificare che non ci sia contaminazione, “anche – continuano gli esperti del la FNOMCeO – la Food and Drug Administration statunitense effettua test a campione, che negli ultimi anni non hanno mai individuato nelle confezioni di talco alcuna traccia di amianto”.
Gli specialisti di “dottore ma è vero che…”? chiariscono poi chi e perché utilizza il talco: “La polvere di talco – si legge ancora nell’articolo – è stata inizialmente commercializzata come prodotto per l’igiene di neonati e lattanti, da usare dopo il bagnetto e a ogni cambio, per togliere ogni residuo di umidità, profumare la pelle ed evitare le irritazioni da pannolino. Anche molti adulti, tuttavia, ne facevano e ne fanno ancora uso, per esempio dopo la doccia. Il possibile collegamento con il tumore dell’ovaio deriva dall’uso del prodotto a livello dei genitali nei primi anni di vita, ma anche dall’abitudine di alcune donne di utilizzarlo nelle parti intime per contrastare sudorazione e cattivi odori o per tenere asciutto il diaframma contraccettivo in lattice. Il talco è tuttavia presente anche in polveri da toilette di marche italiane ed europee, oltre che in altri cosmetici come ciprie, terre, fard, ombretti, shampoo in polvere. Le sue caratteristiche permettono infatti di assorbire umidità e secrezioni grasse, dando un aspetto opaco e setoso, aumentare la consistenza di altri ingredienti e facilitare la spalmabilità dei pigmenti”.
In conclusione, dunque, che cosa cambia per i consumatori alla luce di queste nuove evidenze scientifiche? “La riclassificazione del talco come prodotto probabilmente cancerogeno implica una maggiore consapevolezza che la sua eventuale pericolosità non è legata solo a una eventuale contaminazione con amianto. Non abbiamo tuttavia prove che il contatto con la pelle sia da evitare, mentre è certamente sconsigliato usare il talco – di qualunque marca – all’inguine o a livello dei genitali. Il prodotto – conclude la dottoressa Villa – deve inoltre essere sempre tenuto lontano dalla bocca e dal naso dei bambini sotto i tre anni per il rischio che possa provocare altri problemi respiratori. In ogni caso, per maggiore sicurezza, chi lo desidera può sostituirlo con prodotti analoghi a base di amido di mais”.
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato