Uno studio dell’Università di Milano con Fondazione Don Gnocchi e Istituto scientifico Medea su 15mila sequenze isolate rivela la capacità del virus di mutare. Il professor Clerici: «Le mutazioni sono minime e non hanno ancora un riscontro clinico, ma è da tenere sotto controllo l’utilizzo degli anticorpi nella terapia basata sul siero iperimmune»
Il virus Sars-Cov-2 evolve per contrastare la risposta immunitaria. È il risultato di uno studio fatto su un campione di 15mila sequenze isolate in varie regioni del mondo da un gruppo di ricercatori italiani dell’istituto scientifico Medea di Bosisio Parini in provincia di Lecco, in collaborazione con il professor Mario Clerici dell’Università degli studi di Milano e Fondazione Don Gnocchi.
«Il significato è che il virus cerca di sfuggire l’anticorpo per infettare meglio le cellule» spiega il professor Clerici ai nostri microfoni. «Ma niente paura – aggiunge nel rassicurarci -: le mutazioni sono minime e non hanno ancora un riscontro clinico, ma è qualcosa da tenere sotto controllo perché in teoria potrebbe interessare l’utilizzo degli anticorpi nella terapia basata sul siero iperimmune».
La terapia del plasma sembra essere dunque meno efficace se si verifica una mutazione, perché «contiene anticorpi che sono stati prodotti dalle persone guarite, quindi se le mutazioni interessano le proteine riconosciute degli anticorpi, in teoria il virus potrebbe sfuggire al riconoscimento degli anticorpi contenuti nel plasma».
Un discorso che potrebbe interessare anche i vaccini in produzione? «Non c’è alcun rischio in quel senso – risponde Clerici –. I vaccini oggi sono l’unico strumento attraverso il quale riusciremo a controllare il Covid. I dati non indicano una pericolosità delle poche mutazioni che abbiamo osservato nei nostri studi. In particolare due dei vaccini in produzione danno ottime garanzie. Quello Pfizer è una bomba, funziona benissimo sia nel prevenire che nel contrastare la severità della malattia. Sono ottimista, quando ci sarà una vaccinazione di massa sconfiggeremo il Covid».
Se il vaccino, dunque, rappresenta la strada maestra da seguire per debellare il Covid, per Clerici sarebbe opportuno invertire l’ordine di distribuzione. «Lo sostengo dallo scorso mese di luglio – spiega –. La via più veloce per ottenere un’immunità di gregge è quella di vaccinare non i soggetti anziani, ma i giovani perché hanno vita sociale attiva, si infettano, hanno più possibilità di essere a contatto con il virus e di diffonderlo. Se vacciniamo gli anziani che sono in casa, con una vaccinazione proteggiamo una persona; se vacciniamo i giovani che hanno una vita attiva, con una vaccinazione siamo in grado di proteggere potenzialmente centinaia di persone, compresi genitori e nonni», conclude.
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