A Roma convegno per fare il punto sulla rivoluzionaria tecnica che consente di guarire linfomi e leucemie. Il senatore De Poli: «Serve sinergia creando dei protocolli d’intesa tra tutte le regioni. Oggi solo alcune regioni hanno questa sperimentazione, quindi il più presto possibile l’Aifa deve dare il suo parere positivo per poter mettere in rete tutte le regioni italiane»
Ha un nome complicato, Chimeric Antigen Receptor T-Cells abbreviato in CAR-T, ma è una immunoterapia antitumorale che sta dando grande speranza in particolare ai malati di linfoma e leucemia che non rispondono alle terapie tradizionali. L’Italia però è ancora indietro nella sperimentazione di questa cura e nell’organizzazione dei centri di cura. Anche di questo si è parlato alla Sala degli Atti Parlamentari del Senato al convegno “Road Map Car-T: prospettive attuali e future dell’uso delle Car-T in Italia” organizzato da Motore Sanità alla vigilia della Giornata Nazionale per la lotta contro le Leucemie, i Linfomi e il Mieloma.
Presente un parterre importante di attori politici, istituzionali e del mondo medico: dal presidente della Commissione Sanità Pierpaolo Sileri al Sottosegretario alla Salute Luca Coletto, dal Senatore Questore Antonio De Poli alla Vicepresidente della Commissione Affari Sociali della Camera Rossana Boldi. Tra gli ospiti anche Roberto Foa, Direttore Ematologia del Policlinico Umberto I e Francesco Ripa di Meana, Direttore dell’IFO – Regina Elena di Roma.
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Ma l’attenzione era inevitabilmente puntata soprattutto sul professor Franco Locateli, Direttore Dipartimento Onco-Ematologia e Terapia Cellulare e Genica dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma oltre che Presidente del Consiglio Superiore di Sanità. Proprio nel nosocomio romano è stato curato con il CAR-T, all’interno di uno studio accademico, promosso dal Ministero della Salute, Regione Lazio e AIRC, il primo paziente italiano, un bambino di 4 anni affetto da leucemia linfoblastica acuta.
«Indubitabilmente è una terapia di grande prospettiva, ha ottenuto dei dati di remissioni complete anche sostenute nel tempo in pazienti che erano refrattari a tutte le terapie fino a quel momento ricevute. È un’arma terapeutica in più che i pediatri per quel che riguarda le leucemie linfoblastiche acute del bambino e gli ematologi per quel che riguarda i linfomi a grandi cellule B dell’adulto hanno a disposizione oggi per poter trattare pazienti che una volta avrebbero avuto una prognosi altamente infausta», sottolinea ai microfoni di Sanità Informazione il professor Franco Locatelli.
La metodica è, almeno concettualmente, semplice: vengono estratti dal sangue del paziente dei linfociti T, poi il DNA di queste cellule viene modificato e nei linfociti viene inserito un recettore (CAR) che permette di attaccare le cellule leucemiche. Le cellule modificate vengono moltiplicate in laboratorio per essere reinfuse nel paziente. I linfociti reinfusi si attivano contro le cellule tumorali del paziente eliminandolo.
Locatelli spiega che i processi autorizzativi per questi farmaci sono in corso ma sottolinea ancora una volta gli straordinari risultati che questa nuova terapia ha raggiunto anche nella sperimentazione da lui condotta all’Ospedale Bambin Gesù: «Da un lato ci sono sia i percorsi autorizzativi che riguardano i prodotti commerciali autorizzati a livello europeo e quelli in corso di definizione nel nostro paese, dall’altro tutti i percorsi accademici. Ho citato l’esperienza dell’Ospedale Bambin Gesù dove abbiamo già trattato 15 pazienti con il CAR -T per una leucemia linfoblastica acuta e 12 bambini per la forma più frequente di tumore solido che è il neuroblastoma ottenendo nel primo caso dei dati assolutamente paragonabili ai migliori risultati ottenuti dai prodotti commercialmente disponibili, nella seconda tipologia i bambini affetti da neuroblastoma risultati altamente incoraggianti anche in casi avanzati di malattia. Dati che ci spingono ad andare avanti per sviluppare questo trattamento nell’ambito delle neoplasie solide che rappresenta la prossima grande sfida scientifica per estendere l’ambito applicato delle cellule CAR-T».
La materia è anche oggetto di studio da parte del Consiglio Superiore di Sanità, presieduto dallo stesso Locatelli. «Certamente, ci sono delle materie su cui c’è competenza nell’ambito del Consiglio Superiore di Sanità. A livello istituzionale va rimarcato l’investimento che ha deciso di fare il Parlamento del nostro Paese dedicando 10 milioni di euro alla creazione di un network di ricerca preclinica nell’ambito delle CAR science che verrà condotto sotto il coordinamento di Alleanza Contro il Cancro, un gruppo cooperativo che raccoglie istituti di ricovero a cura e carattere scientifico che lavorano esclusivamente sulle patologie neoplastiche».
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Tuttavia questo tipo di trattamento, in buona parte dei pazienti risolutivo, richiede centri dotati di un apparato organizzativo adeguato, anche per la possibile comparsa di eventi avversi comunemente non riscontrabili con le terapie attualmente in uso, quali la sindrome da rilascio di citochine e problematiche di tipo neurologico. Non ultima per importanza la necessità di formulare nuovi sistemi di rimborso per remunerare il corretto valore di queste terapie. Anche per questo al convegno sono stati messi a confronto esponenti politici, della sanità regionale e stakeholder tecnici, per favorire l’introduzione di questa terapia.
«Serve sinergia creando dei protocolli d’intesa tra tutte le regioni – sottolinea il Senatore Questore Antonio De Poli -. Oggi solo alcune regioni hanno questa sperimentazione, quindi il più presto possibile l’Aifa deve dare il suo parere positivo per poter mettere in rete tutte le regioni italiane. Non possiamo avere alcune regioni dove, con la sperimentazione, viene data la possibilità di vita ad alcune persone, e altre regioni dove non c’è questa possibilità. Nel contesto della cura, della salute, della sanità, l’Italia dev’essere uguale da nord a sud. Il secondo aspetto è quello di mettere in rete il pubblico e privato e quindi anche tutto il contesto della ricerca della farmaceutica in modo tale che si superi quel gap di diffidenza tra i due partner che invece devono andare a braccetto. C’è un problema di costi e proprio per garantire la sostenibilità del sistema, è fondamentale un ‘patto’ tra tutti gli attori coinvolti nella lotta alla malattia».
Altre tema al centro del dibattitto quello del costo della terapia, piuttosto ingente: oltre al farmaco vanno poi aggiunti i costi delle strutture e del personale, che va adeguatamente formato. «Se noi guardiamo nell’ambito sanitario i soldi non sono mai sufficienti perché a differenza delle leggi di mercato dove si incrociano le due curve della domanda e dell’offerta all’aumentare dell’offerta aumenta anche la domanda – spiega il Sottosegretario alla Salute Luca Coletto – Bisogna fare sintesi. Così come abbiamo operato con i farmaci innovativi, ad esempio quelli che curano l’epatite C che sono riusciti ad eradicare una patologia importante, alla stessa maniera va gestito anche il CAR-T. Destinare i soldi dando priorità a determinate patologie su cui si deve esprimere la scienza, i medici, in modo tale da riuscire a curare tutti in funzione di quello che è il livello di intensità della patologia».