Durante la pandemia è emersa una sorprendente correlazione tra le ricerche su Internet relative ai farmaci per l’ADHD e dei tassi effettivi di prescrizione. A scoprirlo è stato uno studio pubblicato su Brain Medicine
Durante la pandemia Covid-19 è emersa una sorprendente correlazione tra le ricerche su Internet relative ai farmaci per il disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD) e dei tassi effettivi di prescrizione. A scoprirlo è stato un gruppo di ricercatori dell’Università della California a Irvine in uno studio pubblicato sulla rivista Brain Medicine. I ricercatori, coordinati dallo scienziato Steven Grieco, hanno analizzato i dati di Google Trends nell’arco di un periodo di 20 anni, con particolare attenzione al periodo successivo all’inizio della pandemia, da gennaio 2020.
I risultati, spiegano gli esperti, aprono nuove possibilità per l’utilizzo dei dati di ricerca online per prevedere e prevenire la carenza dei farmaci da prescrizione. I ricercatori hanno riscontrato un aumento significativo delle ricerche di farmaci per l’ADHD durante le ondate di Covid-19, il che rispecchiava l’aumento delle prescrizioni di queste tipologie di medicinali. “I dati di Google Trends – spiega Grieco – possono fungere da proxy in tempo reale per l’uso di farmaci da prescrizione, specialmente durante situazioni di salute pubblica in rapido cambiamento o in caso di periodi emergenziali. Questo approccio può rivelarsi particolarmente utile quando i dati effettivi sulle prescrizioni non sono immediatamente disponibili”.
Il gruppo di ricerca ha impiegato tecniche analitiche sofisticate per identificare tendenze e sottotendenze nei dati di ricerca. Allo stesso tempo, gli scienziati hanno valutato le tendenze stagionali per 187 disturbi e 113 parole chiave sui farmaci, fornendo una visione completa dell’interesse pubblico per varie condizioni di salute e trattamenti. L’indagine ha rivelato una forte correlazione tra le ricerche di Google per i farmaci contro l’ADHD e tassi di prescrizione effettivi dal database del Medical Expenditure Panel Survey (MEPS). Questa correlazione è rimasta vera fino all’inizio della pandemia, dopodiché i dati MEPS non sono stati più disponibili. Nei prossimi step, gli autori sperano di comprendere le implicazioni a lungo termine di questi dati e in che modo i dipartimenti di sanità pubblica, i produttori di farmaci e i partner del settore dei dati possono collaborare efficacemente per effettuare previsioni in tempo reale sull’uso pubblico dei farmaci da prescrizione.
Come possibile limitazione del lavoro, gli esperti precisano che i dati potrebbero non essere rappresentativi della popolazione generale. Nonostante ciò, sottolineano gli autori, i risultati hanno implicazioni significative per la salute pubblica e le industrie farmaceutiche. “Sfruttando i dati di Google Trends – conclude Grieco – i funzionari sanitari e i produttori di farmaci potrebbero potenzialmente rilevare i primi segnali di cambiamento nella domanda di medicinali, rispondendo più prontamente alle necessità e riducendo il rischio di carenze. Questo lavoro fornisce un potenziale approccio per il monitoraggio e la previsione delle tendenze in merito di salute pubblica”.
Lo studio, tuttavia, punta i riflettori specificatamente sull’ADHD, un disturbo a cui bambini che oggi si trovano in età scolare sono sempre più vulnerabili. “Non bisogna esagerare con l’apprensione, ma neanche sottovalutare il problema”, dicono gli esperti della Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (Sinpia), riuniti a Verona in occasione del trentesimo congresso nazionale della Società Scientifica. “Il Deficit di attenzione e iperattività (Adhd) è una condizione che ha caratteristiche precise e stime di prevalenza pari al 2-4% dei bambini, secondo gli studi italiani, dice piega Massimo Molteni, responsabile di psicopatologia dello sviluppo dell’Irccs Eugenio Medea di Lecco e membro Sinpia. “Questa richiede la presa in cura da parte di uno specialista e adeguate terapie in relazione alla gravità”, aggiunge.
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