L’Università di Trento scopre una collezione di strumenti molecolari per riscrivere il DNA con un editing genetico ancora più efficiente e preciso. Allo studio lo sviluppo clinico di un gruppo di enzimi per iniezioni sottoretina. La notizia su Nature Communications
Lei guida un laboratorio che sviluppa tecnologie avanzate per l’editing genetico e la loro applicazione per la cura delle malattie. Lui uno di metagenomica, in cui studia la diversità e le caratteristiche del microbioma umano e il suo ruolo nella salute. Anna Cereseto e Nicola Segata hanno unito le rispettive competenze per far avanzare le terapie dedicate alle malattie genetiche. Un’intuizione che all’Università di Trento ha portato a individuare in un batterio dell’intestino nuove molecole di Crispr-Cas9 che potrebbe avere sviluppo clinico nel trattamento di malattie genetiche incluse quelle dell’occhio, come la retinite pigmentosa, attraverso iniezioni sottoretina. La notizia è stata pubblicata su Nature Communications.
Lo studio è coordinato da Anna Cereseto e Nicola Segata del Dipartimento di Biologia cellulare, computazionale e integrata, corresponding e senior authors dell’articolo. Lo scenario è la ricerca sulle terapie genomiche che vede studiosi e studiose al lavoro in varie parti nel mondo per trovare nuove possibilità di cura alle malattie genetiche. L’editing genetico (il sistema Crispr-Cas9) si basa sull’impiego della proteina Cas9, una sorta di forbice molecolare che può essere programmata per effettuare specifiche modifiche (tagli o sostituzioni) di sequenze di DNA dannose e quindi correggere le mutazioni causa di malattie. Scoperto nel 2012 negli Stati Uniti, questo strumento biotecnologico ha già portato a una prima terapia approvata, un farmaco per l’anemia falciforme. Un’accelerazione alla ricerca genomica arriva ora dallo studio dell’Università di Trento.
“Abbiamo trovato una forbice molecolare efficace, ad alta precisione e soprattutto più compatta di altri sistemi Crispr-Cas9 a oggi disponibili”, commenta Cereseto, protagonista fin dal 2018 di ricerche sul correttore genomico con la messa a punto di evoCas9. “Questa nuova molecola Crispr-Cas9, come dimostrato dai nostri esperimenti nella retina, sarà più facile da portare agli organi che devono essere trattati in terapie per malattie genetiche”, commenta la scienziata. Ampliare la gamma di strumenti Crispr-Cas è un passaggio necessario per accelerare lo sviluppo di terapie per le malattie genetiche. L’avanzamento può avvenire modificando gli enzimi che troviamo in natura, come è stato per evoCas9, ma scoprire enzimi già evoluti per funzionare offre grandi vantaggi. E la collaborazione con il laboratorio di Metagenomica computazionale di Segata ha permesso al laboratorio di Virologia molecolare di Cereseto di mettere in luce una vasta riserva naturale di sistemi Crispr-Cas9 da cui attingere nuovi preziosi strumenti di modifica del genoma umano.
“Attraverso l’interrogazione di un database di genomi provenienti dal microbioma umano che abbiamo costruito con un lavoro durato diversi anni, abbiamo scoperto un grande serbatoio di Cas9 con proprietà interessanti per l’editing del genoma”, raccontano Cereseto e Segata. “Nei batteri che popolano l’intestino abbiamo scoperto una grande varietà di Crispr-Cas9. In particolare, nella Collinsella, un genere batterico frequentemente presente nel nostro intestino, abbiamo identificato la nucleasi CoCas9, un gruppo di enzimi molto attivo con dimensioni molecolari ridotte, circa un migliaio di aminoacidi. Il sequenziamento dell’intero microbioma attraverso la metagenomica, seguito dalla ricostruzione in laboratorio di genomi assemblati, ha identificato un’enorme varietà di specie”.
Si arricchisce la “cassetta degli attrezzi” per l’editing del genoma
“La scoperta di una collezione di nuove nucleasi Cas9, tra cui CoCas9, arricchisce la cassetta degli attrezzi per l’editing del genoma“, dicono Cereseto e Segata. “Anche se lo sviluppo di terapie curative per le malattie genetiche resta ostacolato dalla difficoltà della somministrazione, CoCas9 grazie alle sue dimensioni ridotte mostra potenzialità per applicazioni di terapia genica e si candida, dunque, per l’ottimizzazione attraverso approcci ingegneristici, che meritano ulteriori indagini. Siamo già al lavoro per lo sviluppo clinico”, concludono.
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