Il report della Fondazione Gimbe mostra per la prima volta un sostanzioso incremento di nuovi casi a fronte di una lieve diminuzione dei decessi. Vaccinato il 2,44% della popolazione, mentre la variante inglese è ormai predominante
L’incremento dei nuovi casi si fa netto nella settimana tra 24 febbraio e 2 marzo, da 92.571 nuovi positivi a 123.272 in sette giorni. Il bilancio della Fondazione Gimbe non lascia spazio a contraddizioni. In forte rialzo i casi attualmente positivi (430.996 vs 387.948), le persone in isolamento domiciliare (409.099 vs 367.507), i ricoveri con sintomi (19.570 vs 18.295) e le terapie intensive (2.327 vs 2.146). Tutto a fronte solo di un modesto calo dei decessi (1.940 vs 2.177).
I numeri nel dettaglio:
È l’inizio della terza ondata secondo Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, con un incremento che supera il 33%. Rispetto alla settimana precedente, in 16 Regioni e nella P.A. di Trento aumentano i casi attualmente positivi per 100mila abitanti e in tutto il Paese sale l’incremento percentuale dei nuovi casi ad eccezione della P.A. di Bolzano, Umbria e Molise già sottoposte a severe misure restrittive. Sul fronte ospedaliero, l’occupazione da parte di pazienti Covid supera in cinque Regioni la soglia del 40% in area medica e in 9 Regioni quella del 30% delle terapie intensive.
L’indagine dell’Istituto Superiore di Sanità ha stimato, al 18 febbraio, la prevalenza della variante inglese al 54% (range: 0-93,3%), di quella brasiliana al 4,3% (range: 0-36,2%) e di quella sudafricana allo 0,4% (range: 0-2,9%). «Con la situazione epidemiologica in rapida evoluzione – commenta Renata Gili, Responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione Gimbe – la diffusione attuale è sicuramente maggiore ed è pertanto fondamentale essere realmente tempestivi nell’istituzione delle zone rosse a livello comunale e provinciale». In particolare, nella settimana 24 febbraio-2 marzo, in 94/107 Province (87,6%) si registra un incremento percentuale dei nuovi casi rispetto alla settimana precedente, con valori che superano il 20% in ben 65 Province.
Delle dosi previste per il primo trimestre 2021, al 3 marzo ne sono state consegnate alle Regioni 6.542.260. Questo significa che per rispettare le scadenze contrattuali fissate al 31 marzo, nelle prossime 4 settimane dovranno essere consegnate in media 2,3 milioni di dosi/settimana.
Al 3 marzo hanno completato il ciclo vaccinale con la seconda dose 1.454.503 milioni di persone (2,44% della popolazione), con marcate differenze regionali: dal 4,18% della PA di Bolzano all’1,72% dell’Umbria. «L’avvio della campagna vaccinale fuori da ospedali e Rsa – commenta Gili – ha determinato una frenata sul fronte delle somministrazioni, con quasi 2 milioni di dosi (pari al 30% delle consegne) ancora inutilizzate».
Si rilevano inoltre rilevanti differenze tra i diversi vaccini: mentre le somministrazioni di Pfizer si attestano all’89% delle dosi consegnate, quelle di Moderna e AstraZeneca stanno infatti procedendo più lentamente. Tuttavia, se il 29,1% di Moderna è condizionato al ribasso dalla recente consegna della metà delle dosi, per AstraZeneca le somministrazioni si attestano al 26,9%, spia di problemi organizzativi nella vaccinazione di massa, anche se non si possono escludere possibili rinunce selettive a questo vaccino o ritardi nella rendicontazione dei dati.
«Tuttavia la strada per accelerare la campagna vaccinale – puntualizza il presidente – non deve certo portare ad avventurarsi in rischiosi azzardi, come l’ipotesi di somministrare un’unica dose di vaccino Pfizer o Moderna. In assenza di robuste evidenze scientifiche che permettano alle agenzie regolatorie di modificare le modalità di somministrazione del prodotto si tratterebbe di un uso off-label del vaccino, con risvolti sul consenso informato e sulle responsabilità medico-legali».
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