Dagli scienziati del Baker Heart and Diabetes Institute di Melbourne un test per l’Imc metabolico, un esame capace di indicare se una persona è snella ma a rischio di malattie metaboliche o, al contrario, se un soggetto in sovrappeso è un ‘grasso sano’.
Che l’obesità esponga ad un rischio maggiore di sviluppare il diabete di tipo 2 è un dato di fatto. Un’associazione talmente acclarata da aver spinto l’Organizzazione Mondiale della Sanità a coniare un neologismo ad hoc: diabesità. Eppure, avere un indice di massa corporea (Imc – espresso come rapporto tra peso e quadrato dell’altezza di un individuo) nella norma, che definisca quindi un soggetto normopeso e non obeso o in sovrappeso/obeso, non è un dato sufficiente per scongiurare il rischio di sviluppare malattie metaboliche, in primis il diabete, e patologie cardiovascolari.
In altre parole, anche chi, calcolando il proprio Imc, otterrà un valore nella norma, ovvero inferiore a 25, non deve sottovalutare la possibilità di sviluppare patologie di solito più frequenti tra coloro che hanno diversi chili di troppo. L’avvertimento arriva dagli scienziati del Baker Heart and Diabetes Institute di Melbourne, impegnati nel mettere a punto un test per l’Imc metabolico. Questo esame, che i ricercatori sperano diventi ampiamente disponibile, permetterà di stabilire se una persona è snella ma a rischio di malattie metaboliche, o se pur essendo in sovrappeso ma è ‘grassa sana’.
“L’indice di massa corporea, pur essendo un indice ampiamente utilizzato, è piuttosto grossolano e lo si usa soprattutto per la sua praticità. Tuttavia, la misura della circonferenza della vita è un indicatore assai più attendibile per quantificare il rischio di sviluppare diabete o altre patologie metaboliche o cardiovascolari”, spiega la professoressa Frida Leonetti, coordinatore del gruppo di lavoro Obesità e diabete della Società Italiana di Diabetologia (SID), professore associato di endocrinologia università sapienza-Polo Pontino e Direttore UOC Diabetologia Universitaria Ospedale SM Goretti, Latina, in un’intervista a Sanità Informazione. “Il grasso viscerale, quello presente a livello addominale, rappresenta un importante fattore di rischio e può essere presente in eccedenza anche in un individuo che abbia un indice di massa corporea pari a 25 o di poco inferiore o superiore”, aggiunge la specialista.
Per i ricercatori del Baker Heart and Diabetes Institute di Melbourne sarebbe stata proprio la conoscenza dei limiti dell’Imc a dare origine ad una nozione di ‘obesità sana’, tra l’altro adottata e promossa dal movimento ‘body positive’, che incoraggia una nuova immagine di sé definita più che dalle dimensioni fisiche dall’amor proprio e dalla bellezza naturale. Sotto la guida del direttore del laboratorio di metabolomica dell’Istituto, Peter Meikle, è in fase di sviluppo un test patologico che misuri il cosiddetto Imc metabolico’ (mImc) basato su misurazioni di centinaia di lipidi il cui ruolo nello sviluppo dell’obesità e del diabete di tipo 2 viene sempre meglio conosciuto.
Finora, le analisi cliniche standard misurano solo il colesterolo Ldl (cattivo) e Hdl (buono) e i trigliceridi, “ma un più esteso quadro lipidico può identificare rischi nascosti di malattie cardio-metaboliche in persone il cui Imc e valore di colesterolo appaiono buoni – scrive Meikle sul sito dell’Istituto -. Sappiamo che l’obesità è un fattore di rischio per il diabete resistente all’insulina, per malattie cardiache ed epatiche, ma non tutte le persone obese sviluppano questi esiti di malattia – aggiunge -. Abbiamo quindi questo concetto, emerso da tempo, di ‘obesità sana’. Allo stesso tempo, vi sono persone snelle che si considerano in buona salute perché il loro Imc è 22 o 23, mentre sono a rischio di contrarre malattie metaboliche. Il punto è che non si può sapere, se si guarda solo all’apparenza fisica o solo misurando l’Imc”, sottolinea lo scienziato.
Ma se da un lato con questo studio si invitano anche le persone con un Imc adeguato a prestare maggiore attenzione alla propria salute, soprattutto in presenza di grasso viscerale, dall’altro chi è in sovrappeso o obeso non deve abbassare la guardia anche se gode di ottima salute. “L’obeso sano fino a quando resterà sano? – chiede la professoressa Leonetti -. Seppure non dovesse mai sviluppare patologie metaboliche o cardiovascolari è estremamente probabile che dovrà, invece, fare i conti con malattie respiratorie come la sindrome delle apnee notturne e/o ‘da carico’, come l’osteoartrite, una patologia cronica che causa danni alla cartilagine e ai tessuti circostanti ed è caratterizzata da dolore, rigidità e perdita della funzionalità. Da non sottovalutare – conclude la coordinatrice del gruppo di lavoro Obesità e diabete della SID – neanche la correlazione tra eccesso di peso corporeo e rischio oncologico”.
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