Russo (genetista): «Abbiamo osservato in alcune mamme con figli affetti dalla Sindrome di Beckwith-Wiedemann (Bws), una malattia genetica rara, una o più proteine materne “difettose”. La nostra ipotesi è che la loro mancata attivazione nell’oocita sia la causa comune sia dei disturbi riproduttivi frequenti, sia della malattia»
La Sindrome di Beckwith-Wiedemann (Bws), una malattia genetica rara, stando alle più recenti statistiche è circa tre volte più frequente tra i bambini nati da coppie che ricorrono a tecniche di fecondazione assistita. E le mamme che hanno dato alla luce neonati affetti da questa patologia hanno avuto, precedentemente, due o più aborti spontanei entro le prime 12 settimane di gestazione. C’è dunque un legame tra la Sindrome di Beckwith-Wiedemann, infertilità e poliabortività?
Per rispondere a questa domanda il Centro regionale per la procreazione medicalmente assistita del Policlinico e l’Auxologico Irccs di Milano, con le università Federico II di Napoli e “Luigi Vanvitelli” di Caserta hanno messo in piedi un progetto di ricerca. Lo studio, che avrà la durata di due anni, è stato finanziato dal Ministero della Salute, attraverso il Pnrr (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) con un fondo di circa 800 mila euro.
L’idea è nata a Milano, dall’Auxologico, dove da anni viene studiata la Sindrome di Beckwith-Wiedemann, una malattia rara che colpisce un neonato ogni 10 mila. I bambini affetti dalla Bws sono accomunati da una maggiore predisposizione allo sviluppo di tumori a carico degli organi interni, in particolare reni e fegato. La sindrome si manifesta principalmente con iperaccrescimento, tra il 45 e il 65% delle diagnosi, e l’emipertrofia, ovvero una o più parti del corpo più grandi rispetto alle loro speculari, nel 30% dei casi. Quando la lingua non può essere contenuta nel cavo orale, si parla di macroglossia. Dal 2004 esiste un’associazione di famiglie, Aibws, che rappresenta circa 250 casi in tutta Italia.
«Raccogliendo le storie delle mamme di bambini con Bws, abbiamo notato che c’era una ricorrenza di infertilità e poliabortività – racconta a Sanità informazione, Silvia Russo, referente della Sezione Genetica Malattie Rare e Direttore del Laboratorio di Ricerche Sperimentali di Citogenetica Medica e Genetica Molecolare dell’Istituto Auxologico Italiano -. Tra le donne infertili, in media, trascorrevano almeno 12 mesi prima di riuscire ad ottenere la gravidanza desiderata. Nei casi di poliabortività , le mamme che hanno dato alla luce neonati affetti dalla sindrome di Bws hanno avuto, precedentemente, due o più aborti spontanei entro le prime 12 settimane di gestazione. Inoltre, le statistiche rivelano che questa patologia è circa tre volte più frequente nelle coppie che ricorrono a tecniche di fecondazione assistita».
Da un’anamnesi teorica i ricercatori sono passati alle analisi di laboratorio. «Sottoponendo alcune mamme con figli affetti dalla sindrome di Bws ad esami specifici abbiamo riscontrato la presenza di una o più proteine materne “difettose”. Da questa osservazione abbiamo avanzato l’ipotesi che la mancata attivazione di queste proteine nell’oocita possa essere la causa sia dei disturbi legati alla riproduzione, che della sindrome di Bws», dice la genetista. Per avvalorare la loro ipotesi, i ricercatori analizzeranno il dna di 200 donne.
Chi può partecipare alla ricerca
«Nel nostro campione di riferimento non saranno coinvolte solo mamme con figli affetti dalla Bws, ma anche donne infertili o che hanno affrontato due o più aborti spontanei nel corso della propria vita», sottolinea la ricercatrice. Il reclutamento è ancora attivo e chiunque volesse partecipare potrà contattare direttamente gli specialisti dei centri milanesi (s.russo@auxologico.it; paola.vigano@policlinico.mi.it): «Un’occasione non solo per valutare l’eventuale presenza di queste proteine “difettose”, ma anche per sottoporsi ad un panello di esami genetici e non, correlati all’infertilità», aggiunge Russo.
Se lo studio dovesse confermare le intuizioni dei ricercatori, in un futuro non troppo lontano ogni donna potrebbe aspirare ad una consulenza genetica personalizzata «Dopo aver scoperto cosa manca all’ovulo fecondato per arrivare alla vita – conferma Silvia Russo -, si potrebbe offrire una consulenza genetica più appropriata. Per le mamme, inoltre, cambierebbero completamente la conoscenza di sé e l’accettazione di una situazione sofferta. Infine sarebbero più chiare anche le cause della Bws e proseguendo con le ricerche – conclude – potremmo aspirare all’individuazione di un trattamento, come una terapia genica ad hoc, che possa “correggere” le proteine difettose».
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato